Politica

Mascherine introvabili. Il flop del bullo statalista

Tutti i giornali, da destra a sinistra, hanno registrato ieri e continuano a registrare oggi una brutta notizia: le mascherine a prezzo calmierato (50 centesimi più Iva) sono difficilissime da reperire

Mascherine introvabili. Il flop del bullo statalista

Tutti i giornali, da destra a sinistra, hanno registrato ieri e continuano a registrare oggi una brutta notizia: le mascherine a prezzo calmierato (50 centesimi più Iva) sono difficilissime da reperire nonostante le promesse del governo. Anzi, il quotidiano Repubblica, non un pericoloso covo di seguaci di Milton Friedman, taglia corto: «Sono introvabili».

I motivi sono numerosi e Giornale li sta documentando giorno per giorno. Qui vogliamo ricordare cosa accadde quando Domenico Arcuri, Commissario all'emergenza per il Covid, annunciò la misura del prezzo imposto, senza tenere conto del mercato. Molti commentatori, su tutti i media, fecero notare che quella proposta era demagogia pura e avrebbe avuto l'effetto di far sparire dagli scaffali le mascherine, alimentando il mercato nero. Fissare il prezzo non funziona, si disse allora, sarebbe meglio incentivare la produzione, ad esempio levando balzelli (l'Iva però c'è ancora) e semplificando le certificazioni, pur necessarie. Lo scriveva Alessandro Manzoni nei Promessi sposi, non è dunque una novità delle scienze economiche, e l'Unione sovietica, secondo parecchi studiosi, è crollata proprio perché aveva la pretesa di stabilire in partenza quanto dovesse sborsare il cittadino per ogni singolo bene, a prescindere da domanda e offerta.

Niente. Arcuri si imbufalì e derubricò le critiche a lamentele da «liberisti che emettono sentenze quotidiane da un divano con un cocktail in mano». Il «liberista da divano», secondo il Commissario, ha la fissazione incomprensibile di ritenere che «il prezzo delle mascherine lo fa il mercato» e di sostenere una simile sciocchezza mentre «sorseggia il suo centrifugato». Lui però non scendeva a polemiche di quel livello, aveva «da lavorare». Non è sceso a tali polemiche neppure nella recente audizione in Senato, quando, di fronte alle domande dell'opposizione, ha glissato sulla questione per «non tediare» l'Aula.

L'esordio del Commissario Arcuri, da anni alla guida di Invitalia, fu in salita, non solo per l'oggettiva difficoltà della crisi, ma anche per un paio di gaffe entrate direttamente nella leggenda. Una volta applaudì Putin per avere mandato medici e materiale dalla... «Unione sovietica». Un'altra volta, di fronte alle rimostranze delle Regioni, in attesa di forniture mediche, rispose prima con ironia raggelante: «Se andate sul mercato per conto vostro, vi chiedo anche di comprare qualcosa anche per me»; e poi scaricò la responsabilità sui fornitori della Protezione civile, aggiungendo: «La metà dei ventilatori della gara verrà consegnata a fine emergenza che, come noto, non si prevede breve». Perfetto. Proprio il genere di risposte che il cittadino si aspetta dal Commissario all'emergenza per il Covid.

Il problema delle mascherine è sul tavolo da un paio di mesi, senza risultati apprezzabili.

Se continua così, finirà che il governo intero, i commissari e le infinite task force dovranno andare a nascondersi dietro ai divani dei liberisti (senza godersi un cocktail o un centrifugato).

Commenti