L'estate, il meteo favorevole e il mare calmo rischiano di essere la miscela esplosiva che può accendere un vero e proprio scontro nel governo sul caldissimo tema immigrazione, forse la questione più divisiva all'interno della maggioranza che sostiene Mario Draghi. Lo sanno bene a Palazzo Chigi e ne sono consapevoli pure i ministri di centrodestra. Con gli esponenti della Lega che si sentono assediati dal loro stesso partito, tanto che in privato Giancarlo Giorgetti non nasconde il timore che il banco possa davvero saltare dopo l'estate. Perché, è la convinzione del titolare dello Sviluppo economico, su questo tema Matteo Salvini «alzerà i toni e non si farà certo scavalcare» da Giorgia Meloni. Preoccupazione che condivide anche il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia. E non certo perché non condividano la linea dura sull'immigrazione, quanto perché temono di essere le vittime sacrificali di un eventuale strappo del leader della Lega. Un disagio, quello dei ministri leghisti, che fatica a restare sottotraccia. Tanto che a sera Giorgetti prova a sminare il terreno e si premura di fare rilanciare dalle agenzie di essere in «piena sintonia» con Salvini. Il tema immigrazione, d'altra parte, è stato tra quelli trattati nella riunione tra il leader della Lega e l'intera compagine governativa del Carroccio che si è tenuta ieri pomeriggio negli uffici della Camera. Con il sottosegretario agli Interni Nicola Molteni che ha puntato il dito contro gli sbarchi di queste ore: «Così rischiamo di tornare ai numeri di quando al Viminale c'era Angelino Alfano».
Si annunciano, insomma, mesi politicamente complicati per l'esecutivo. Con Pd e M5s che non sposeranno mai la linea rigorista del Carroccio e di Forza Italia. Due blocchi, dunque, destinati a restare su posizioni distantissime. E con Fratelli d'Italia che dall'opposizione avrà gioco facile a cannoneggiare sia il governo che i partiti che lo sostengono, primo fra tutti - nella logica della corsa alla leadership del centrodestra tra Salvini e Meloni - proprio la Lega.
Non è un caso che, appena ripresi gli sbarchi sulle nostre coste, la questione sia immediatamente esplosa. Tanto che Draghi ha deciso di prendere in mano il dossier personalmente. Già oggi a Palazzo Chigi dovrebbe riunirsi una sorta di cabina di regia presieduta dal premier e con i ministri Luciana Lamorgese (Interni), Luigi Di Maio (Esteri), Lorenzo Guerini (Difesa) ed Enrico Giovannini (Infrastrutture). Una riunione nella quale occuparsi della gestione dell'emergenza a Lampedusa, ma anche immaginare la prospettiva secondo cui muoversi nelle prossime settimane. Intanto, ieri, Lamorgese ha chiamato la commissaria Ue agli Affari interni, Ylva Johansson, per chiedere «subito prima dell'estate» l'attivazione di un meccanismo automatico di solidarietà per il ricollocamento dei migranti.
Oggi, domani al più tardi, la palla dovrebbe dunque passare a Draghi. Che dovrà cercare di mediare, ben sapendo che a breve il tema diventerà uno dei nodi del dibattito politico. Mentre Giorgia Meloni insiste sul blocco navale, Salvini chiede confini meno aperti e l'azzurro Antonio Tajani auspica «una forte azione dell'Europa». Il punto, però, è quanto il leader della Lega è intenzionato a spingere nei prossimi mesi su quello che è sempre stato un tema centrale per il Carroccio. L'intenzione è prima portare a casa quello che Salvini definisce il «dossier riaperture», magari già nel prossimo Consiglio dei ministri.
E poi, quando l'emergenza Covid inizierà a ridimensionarsi anche grazie alla campagna vaccinale, concentrasi sulla questione degli sbarchi esattamente con lo stesso approccio di quando era ministro dell'Interno. Con inevitabili scossoni sulla maggioranza di governo.
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