Guerra in Ucraina

La miopia che affligge Francia e Germania

Spesso in politica estera si è obbligati a fare buon viso a cattivo gioco

La miopia che affligge Francia e Germania

Spesso in politica estera si è obbligati a fare buon viso a cattivo gioco, ma lo sfogo di ieri di Giorgia Meloni per non essere stata invitata a Parigi all'incontro tra il presidente francese, Macron, il cancelliere tedesco, Scholz e Volodymyr Zelensky è comprensibile. La scelta dell'inquilino dell'Eliseo è stata una dimostrazione di ingratitudine e, al tempo stesso, di miopia. A quel vertice il governo italiano ci sarebbe dovuto stare non fosse altro per tutto ciò che il nostro Paese ha fatto finora per la causa ucraina. Un impegno condotto avanti con coerenza sul solco della linea assunta da Mario Draghi e sicuramente in condizioni più difficili rispetto a quelli che si sono trovati ad affrontare i governi di altre nazioni, visto che da noi non tutta l'opinione pubblica è convinta che assecondare Zelensky sia la strada giusta.

Eppure non c'è stato un tentennamento, nè tantomeno un dietrofront. Se ne sono accorti pure i russi che più volte hanno polemizzato in questi mesi con il governo italiano.

Invece, a quanto pare, a Parigi, a Berlino e forse pure a Kiev questo sforzo è stato sottovalutato. Come se fosse dovuto e non fosse frutto di una scelta consapevole e convinta che ha comportato l'invio di risorse e di armi in Ucraina, ma soprattutto una serie di sacrifici che gli italiani e le nostre imprese hanno dovuto sostenere per far fronte alle conseguenze dell'embargo con la Russia. Una per tutte: le bollette del gas alle stelle. Problematiche ben più pesanti di quelle in cui si sono imbattuti altri partner europei per le particolari caratteristiche del nostro sistema produttivo.

Tutte riflessioni che non si sono affacciate nella mente nè di Macron, nè di Scholz. Ora le ragioni possono essere molteplici. Probabilmente le relazioni tra l'inquilina di Palazzo Chigi e l'inquilino dell'Eliseo non sono partite con il piede giusto. Con il cancelliere tedesco poi c'è una diversità politica che magari può pesare più di quanto si creda. E infine c'è la vecchia storia dell'asse franco-tedesco che ha spesso caratterizzato la storia dell'Unione Europea provocando, in alcuni casi, non pochi danni. Si pensava che questo schema fosse superato o sbiadito, ma a quanto pare Parigi e Berlino sono condizionati da una sorta di richiamo della foresta.

Comunque, qualunque sia il motivo, entrambi hanno peccato di miopia. Giocare una partita in due in un momento così difficile e delicato, creando divisioni o, comunque, diffidenze non è certo un comportamento lungimirante. E non aiuta certo l'Ucraina che ha bisogno di una solidarietà vera e compatta da parte di tutta l'Unione. L'opposizione di Orban, o di chi per lui, è sempre dietro l'angolo. E, invece, la coppia di testa franco-tedesca si è mossa dimostrando ancora una volta che l'Unione è un soggetto che sulla carta c'è, ma che in realtà stenta ad avere una politica unitaria se addirittura i paesi fondatori (Francia, Germania e Italia sono tra quelli) non sono riusciti ancora a darsi un modus vivendi per agire in armonia.

Dato che non deve stupire se si pensa che ieri l'opposizione, o meglio la sinistra, invece, di solidarizzare con il governo reclamando un maggior rispetto per l'Italia, ha quasi festeggiato per l'esclusione della Meloni dal vertice di Parigi. Da noi la difesa dell'interesse nazionale o del prestigio del nostro Paese è solo un argomento di retorica, un'affermazione scontata per qualche cerimonia ma a cui alla fine solo pochi credono.

È la maledizione del paese dei guelfi e dei ghibellini.

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