Cronache

"Vieni con la tua auto": tutte le trappole del killer di Vicenza

Le vittime, Gabriela Serrano e Lidija Milikovic, avevano denunciato entrambe Zlatan Vasiljevic per violenze. Il killer aveva a disposizione un arsenale

"Vieni con la tua auto": tutte le trappole del killer di Vicenza

C'è un filo rosso che unisce il tragico destino di Gabriela Serrano e Lidija Milikovic, uccise a colpi di pistola dall'ex. Entrambe avevano denunciato Zlatan Vasiljevic per le ripetute botte e violenze, ignare del fatto che il 42enne si sarebbe tramutato in uno spietato killer. A due giorni dal massacro emergono nuovi, inquietanti dettagli sulla dinamica del duplice omicidio: l'assassino possedeva un vero e proprio arsenale di guerra. Due delle granate che aveva a disposizione le ha lanciate sull'autostrada A4; gli altri ordigni e proiettili sarebbero serviti - ipotizzano gli inquirenti - per mettere a segno una strage familiare che, forse, non avrebbe risparmiato neanche i suoi figli, un ragazzo di 16 anni e la secondogenita di 13.

Lidija e Gabriela

Alle 9 di mercoledì mattina Vasiljevic ha freddato con 7 colpi d'arma da fuoco l'ex moglie, Lidija Milikovic, dopo averla raggiunta al quartiere Gogna di Vicenza. Quel che non è chiaro, invece, è la dinamica dell'omicidio di Gabriela Serrano, commessa venezuelana di 36 anni, con la quale il killer aveva intrattenuto una relazione sentimentale durata circa 9 mesi. Poi la donna aveva deciso di troncare definitivamente il rapporto denunciando il 42enne per violenze, proprio come aveva fatto Lidja: due destini drammaticamente incrociati. Anche la 36enne, prima di conoscere Vasiljevic, era stata sposata con un connazionale, tal Alezandro Falet Naja, con cui aveva avuto due figlie. Il matrimonio avrebbe poi imboccato un tunnel senza via d'uscita, tra presunti maltrattamenti e vessazioni. Era stato proprio il 42enne bosniaco a suggerire alla nuova compagna di tutelarsi dall'ex marito proponendole di rivolgersi al suo legale, l'avvocato Alessandra Neri, per avviare l'iter della separazione. "Non riesco a capire perché i due si trovassero insieme su quell'auto - spiega l'avvocato Neri a Repubblica - la loro relazione era finita e non si frequentavano più". Alezandro Falet Naja, interrogato dagli inquirenti, conferma la pericolosità di Vasiljevic: "È un'esecuzione annunciata, io stesso avevo telefonato a Zlatan intimandogli di lasciare in pace Gabriela".

Il "giallo" dell'omicidio di Gabriela

Se c'è un aspetto da chiarire in questa storia drammatica di sangue e vendetta è proprio quello relativo all'omicidio di Gabriela. Non è chiaro, infatti, se il killer abbia ucciso dapprima la 36enne venezuelana e poi Lidija o viceversa. Per certo, mercoledì mattina, ha convinto l'ex fidanzata a raggiungerlo con la propria auto - una Madza di colore grigio - a Dueville, dove viveva. Forse ha accampato una scusa qualunque oppure l'ha costretta con minacce insistenti. Sicuramente Vasiljevic, al quale qualche mese fa era stata ritirata la patente per guida in stato di ebbrezza, aveva bisogno di un mezzo per la fuga dopo l'omicidio. "Potrebbe averla dovuta uccidere subito - dice il questore Paolo Sartori - per agevolare l'agguato contro l'ex moglie. Oppure subito dopo, per neutralizzare la sua reazione, o per eliminarla in quanto testimone". Gabriela è stata giustiziata con un solo proiettile, i carabinieri l'hanno trovata accasciata dietro il sedile del guidatore, con il suo assassino, suicida, accanto.

L'arsenale di Vasiljevic

Che la strage fosse stata pianificata nei dettagli non c'è dubbio di alcuna sorta. Vasiljevic aveva preparato i bagagli per la fuga e si sarebbe persino premurato di sbrigare le ultime questioni relative al rogito della casa che, in tempi non sospetti, aveva acquistato con Lidija. Forse è stata quella - ipotizzano gli inquirenti - la goccia che ha fatto traboccare: il momento in cui il killer ha realizzato di aver perso tutto. Dopo aver ucciso Lidija, il 42enne ha lanciato due granate sull'autostrada A4 per Vicenza. Difficile, se non impossibile, spiegare le ragioni del folle gesto. Per Certo Vasiljevic aveva a disposizione un arsenale: due pistole calibro 22, numerosi proiettili e tre vecchie bombe a mano anti-uomo M52, di fabbricazione slava.

Per gli artificieri sono reperti bellici dell'ex Jugoslavia, l'assissino se li sarebbe procurati nel Paese natale meditando, forse, una strage familiare.

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