Coronavirus

"I no vax rifiutano le cure? Arroganti, poi mi chiedono aiuto..."

Nelle terapie intensive 9 su 10 sono no vax. E il 40% degli intubati muore. Il primario della rianimazione del San Paolo: “L’unica soluzione è l’obbligo vaccinale”

"I no vax rifiutano le cure? Arroganti, poi mi chiedono aiuto..."

C’è chi teme gli effetti collaterali del vaccino. Chi pensa che la pandemia sia un’invenzione delle case farmaceutiche. Per altri, invece, il Covid semplicemente non esiste. Con il fiato corto e i polmoni devastati, ancora faticano ad accettare le cure. Ma poi, asfissiati cedono. Quasi tutti. Stando all’ultimo report dei 21 ospedali sentinella della Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere) relativo al periodo 28 dicembre-4 gennaio, i no vax sono il 72% dei pazienti ricoverati in terapia intensiva. Una percentuale che cresce in Lombardia, dove i non vaccinati arrivano addirittura a 9 su 10. A raccontarci chi sono è il professor Davide Chiumello, direttore di Anestesia e Rianimazione dell’Asst Santi Paolo e Carlo di Milano, che ogni giorno deve convincere chi rifiuta il vaccino a farsi curare.

Con Omicron che corre e l’impennata dei contagi qual è la situazione attuale in reparto?
“In Lombardia abbiamo ricoverato in terapia intensiva 240 pazienti adulti e 6 bambini. Di questi il 90% sono pazienti no vax che non si sono vaccinati per ideologia, mentre l’altro 10% sono pazienti che hanno completato il ciclo vaccinale tra giugno e luglio per i quali la risposta immunitaria risulta ormai praticamente assente. In assistenza ventilatoria meno invasiva, invece, i no vax sono il 50% e in genere hanno un’età media più bassa di 10-12 anni rispetto ricoverati vaccinati”.

Molti no vax però rifiutano le cure che potrebbero salvargli la vita. Chi sono queste persone?
“Sono pazienti nella fascia di età tra i 50 e i 70 anni che non si vaccinano per le più svariate ragioni. Alcuni hanno paura degli effetti collaterali del vaccino, altri pensano di essere immuni da questa malattia per il tipo di vita che conducono. Altri ancora credono che questa pandemia sia stata creata ad arte dalle case farmaceutiche per interessi economici. Quando arrivano in pronto soccorso con la polmonite tipica da Covid sono ancora convinti no vax e spesso nonostante le difficoltà a respirare rifiutano il supporto ventilatorio fornito da casco o maschera”.

Di cosa hanno paura?
“In genere sono molto supponenti, arroganti, pensano di saperne più dei medici e nonostante siano arrivati in ospedale a causa di gravi difficoltà respiratorie continuano a ritenere che questa malattia si riduca a un semplice raffreddore. Sottostimano la gravità”.

Come provate a convincerli?
“Il colloquio con questi pazienti è difficilissimo. Si chiudono nel loro mondo, certi sono ostativi a qualunque dialogo, altri dicono: ‘Io sono no vax quindi accetto alcuni presidi e altri no’. In pratica, pretendono di scegliere le cure come fossero al supermercato”.

Poi c'è chi preferisce morire piuttosto di essere intubato.
“Attualmente non mi è mai capitato di incontrare pazienti che hanno rifiutato l’intubazione. Quando la situazione diventa grave è difficile accettare di morire senza un’assistenza, perché l’organismo umano riesce a sopportare fino a un certo punto, ma poi quando il fiato manca anche il no vax chiede aiuto”.

Qualcuno di questi pazienti no vax, una volta peggiorato, ha poi cambiato idea?
“Sì, qualcuno. Uno mi ha detto: ‘Sono stato proprio uno stupido a non vaccinarmi’. È un paziente giovane, di 52 anni, che adesso si trova in supporto ventilatorio con una situazione molto critica: rischia l’intubazione. E la mortalità, una volta intubati, si aggira intorno al 30-40%”.

Professore mi dica la verità, ha mai pensato: “Perché provare a convincere chi rifiuta le cure e occupa un posto togliendolo a chi invece quelle cure le vorrebbe”?
“Dal punto di vista etico è difficilissimo, perché in un caso ho un paziente che ha fatto tutti i cicli vaccinali e per sfortuna si è ammalato e nell’altro un paziente che, invece, ha rifiutato consciamente la vaccinazione e poi si è contagiato. E occupa un letto, risorse che si traducono in spese sanitarie a carico di tutti. Se su 240 pazienti ricoverati in terapia intensiva il 90% è no vax, faccia il conto, togliendo questa quota in tutta la Lombardia ci sarebbero soltanto una quarantina di posti occupati e non saremmo in questa situazione”.

Non è facile da accettare, soprattutto per voi medici. Cosa si prova a doverci fare i conti ogni giorno?
“Sicuramente frustrazione, impotenza e stanchezza. Il problema aggiuntivo, poi, è che il 30% dei sanitari sono a casa in quarantena. Questo comporta più lavoro per chi resta. Perché non possiamo ridurre l’attività, non siamo un mezzo pubblico. Se io ho bisogno due infermieri per curare 10 persone e uno è a casa, vuol dire che uno che era di riposo verrà chiamato per sostituire il collega malato”.

Ma allora, non ha ragione la dottoressa della Val Seriana che si rifiuta di curare i no vax?
“La spinta è quella di curare tutti. Dobbiamo curare tutti. Comunque”.

Dato che in terapia intensiva ci sono soprattutto non vaccinati, la soluzione non potrebbe essere l’obbligo vaccinale esteso a tutti?
“Assolutamente, assolutamente, assolutamente”.

Cosa pensa delle nuove regole introdotte dal governo Draghi: convinceranno gli irriducibili del vaccino o non c’è niente da fare?
“Penso che li convinceranno in buona parte. È un passo come quando è stato introdotto il Green pass. Subito dopo c’è stata un’impennata di persone che sono corse a vaccinarsi.

Ma la strada per uscirne è l’obbligo vaccinale per tutti”.

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