Scena del crimine

Quelle "matite spezzate" torturate con scariche elettriche

Tra il 16 e il 17 settembre 1976, dieci studenti argentini vennero rapiti dalla polizia della dittatura militare. Dopo violenze e torture, alcuni di loro vennero liberati e testimoniarono il terrore di quegli anni. Altri scomparvero per sempre

Screen dal film "La notte delle matite spezzate"
Screen dal film "La notte delle matite spezzate"

Studenti rapiti, poi torturati e divenuti desaparecidos. Fu il risultato della Notte delle matite argentina, che deve il suo nome al titolo del documento firmato dal commissario capo della polizia di Buenos Aires, in cui venivano descritte le azioni da intraprendere contro alcuni alunni delle scuole secondarie, definiti "membri di un potenziale focolaio sovversivo". Quegli studenti scomparvero dalla città argentina di La Plata a partire dalla notte del 16 settembre 1976, furono torturati e tenuti prigionieri per anni. Molti di loro vennero uccisi, altri scomparvero per sempre.

Il contesto

Nel luglio del 1974 il presidente argentino Juan Domingo Perón morì, lasciando un vuoto governativo in una società che, per diversi anni prima di lui, era stata guidata da dittature militari o da governi civili non del tutto legittimi. A Perón succedette la vicepresidente María Estela Martínez de Perón, che governò il Paese per due anni, fino al golpe del 24 marzo 1976.

Quella notte, l'elicottero su cui viaggiava il presidente venne dirottato e María Estela Martínez venne arrestata e fatta prigioniera. Venne rilasciata solamente cinque anni dopo. Intorno alle 3 del 24 marzo 1976 dalle stazioni televisive e radiofoniche ormai sequestrate venne trasmessa la prima dichiarazione dei fautori del Golpe.

La popolazione venne informata che l'Argentina era passata "sotto il controllo operativo del Consiglio Militare", che raccomandava agli abitanti di "attenersi rigorosamente alle disposizioni e direttive che emanano dall'autorità militare, di sicurezza o di polizia, nonché alla massima attenzione nell'evitare azioni e atteggiamenti individuali o di gruppo che possano richiedere un intervento drastico da parte del personale operativo". Era il primo annuncio della dittatura civico-militare che si insediò al potere nel 1976, con il nome di Processo di Riorganizzazione Nazionale (Pnr).

Il nuovo governo attuò lo stato d'assedio e la legge marziale e istituì delle pattuglie militari, che avevano il compito di controllare le singole città. A capo del Pnr c'era Jorge Rafael Videla, un militare, che regnò nella prima fase della dittatura, dal 24 marzo 1976 al 10 dicembre 1983.

Fin da subito fu chiaro il piano del nuovo governo: l'attuazione di un piano sistematico di terrorismo di Stato che prevedeva atti di repressione violenta degli oppositori, che portarono all'uccisione e alla scomparsa di migliaia di persone in tutto il Paese. Tra queste, moltissimi erano studenti, che negli ultimi anni erano diventati partecipi alla vita politica. Si inserisce in questo panorama la Notte delle matite di La Plata, durante la quale una decina di adolescenti tra i 16 e i 18 anni, vennero portati via dalle loro case, tenuti prigionieri e torturati. Solo quattro di loro si salvarono. Gli altri scomparvero.

Il rapimento degli studenti

Le vittime della Notte delle matite erano ragazzi appartenenti all'Unione degli studenti delle scuole secondarie (Ues) e alcuni di loro, nel 1975, si erano battuti per la reintroduzione del biglietto per l'utilizzo dell'autobus a poco prezzo. Nella notte tra il 16 e il 17 settembre 1976 vennero rapiti otto studenti. Di loro, solamente due riuscirono a tornare a casa, gli altri andarono ad alimentare l'elenco dei desaparecidos.

Daniel Alberto Racero, detto "Calibro", aveva 18 anni e venne rapito mentre si trovava nella sua casa, mentre Maria Claudia Falcone, appena 16 anni, venne portata via dalla casa della nonna materna, insieme alla 18enne Maria Clara Cicchini, che era sua ospite in quel periodo. La stessa notte, la polizia si presentò anche a casa di Francisco Lopez Muntaner, 16 anni, Claudio De Acha e Oracio Ungaro, entrambi 17 anni. Tutti, sono stati visti nei centri di detenzione clandestina di Arana e Pozo de Banfield. Poi le loro tracce si persero. Molti degli studenti avevano partecipato alla lotta per la conquista del biglietto studentesco della scuola secondaria, che dava diritto a uno sconto sul biglietto dell'autobus.

A raccontare le torture subite dai ragazzi scomparsi furono alcuni dei sopravvissuti. Quella stessa notte, erano state rapite anche due studentesse di 17 anni: Patricia Miranda, che però non sporse mai denuncia, e Emilce Moler, che raccontò cosa successe quella notte e durante la prigionia.

"Erano le 3 o le 4 del mattino del 17 settembre - disse in un'intervista - Una grande banda di uomini pesantemente armati è venuta a casa mia e ha puntato le pistole contro i miei genitori". La stavano cercando e, appena la individuarono, la caricarono in automobile. "Mi portarono in un posto che, molto tempo dopo, ho scoperto essere il centro clandestino di Arana", ha aggiunto Emilce, che ha raccontato di terribili torture subite da lei e delle grida dei compagni seviziati.

Secondo quanto ricostruito successivamente, per costringere i prigionieri a parlare, i carcerieri usavano la "macchina della verità", un dispositivo composto da elettrodi applicati alle labbra, alle gengive e ai genitali dei ragazzi, che una volta azionati mandavano violente scariche elettriche.

Qualche settimana prima della notte tra il 16 e il 17 settembre, era stato rapito anche Gustavo Calotti, 18 anni, un cadetto della polizia ed ex membro dell'Ues, e il 21 settembre venne portato via Pablo Diaz, anche lui 18 anni. Entrambi tornarono a casa vivi, dopo essere stati tenuti prigionieri in diversi campi di tortura e dopo essere rimasti a disposizione dell'esecutivo. L'8 febbraio del 1977, Pablo riabbracciò la sua famiglia, unica testimone del suo rapimento e del cambiamento delle sue condizioni di salute, ma per altri tre anni il ragazzo rimase detenuto nel carcere di La Plata, senza che venisse mai avviato nessun processo legale. Nel novembre del 1980, Pablo fu liberato.

Il nome di "Notte delle matite" viene dal titolo di un documento che descriveva le azioni che la polizia avrebbe dovuto intraprendere contro gli studenti. A spiegarlo fu proprio Pablo Diaz, nel corso di una testimonianza: "Esiste un documento - spiegò - dove il Commissario Generale Alfredo Fernandez, coordinatore della direzione dell'intelligence della provincia di Buenos Aires", rende noto il piano per "la repressione al movimento studentesco delle secondarie, perché si riteneva che alcuni adolescenti che si erano ribellati erano dei potenziali sovversivi e costituivano un pericolo per l'Esercito Argentino. Lui stesso in questo documento propone l'operazione 'la notte della matite', che avrebbe consistito nel sequestro sistematico di adolescenti delle secondarie".

Il motivo dei sequestri viene spesso legato alla battaglia portata avanti dagli studenti per la reintroduzione del biglietto dell'autobus scontato. Ma non solo. A dare fastidio al regime era, infatti, l'attivismo politico degli studenti, che erano considerati una minaccia contro il regime. "Avevamo un progetto politico - ammise Emilce - Non credo mi abbiano fermato per il biglietto secondario, in quelle manifestazioni ero in ultima fila. Quella lotta era nell'anno '75 e, inoltre, non rapirono le migliaia di studenti che vi parteciparono. Hanno arrestato un gruppo che era attivo in una cerchia politica. Tutti i ragazzi scomparsi appartenevano alla Ues, vale a dire che c'era un progetto politico".

Le matite scrivono ancora

Una matita, anche se spezzata, non smette di scrivere. Così, nonostante le pressioni, il terrore e l'isolamento, gli studenti sopravvissuti, non smisero di portare avanti le loro battaglie e denunciarono le torture e le violenze subite. Grazie alle loro testimonianze, vennero ricostruite le sorti degli studenti rapiti durante la dittatura civile-militare a cavallo degli anni '70-'80. Finita la dittatura militare, il nuovo presidente argentino Raúl Alfonsín creò la Commissione nazionale per la scomparsa delle persone, con l'obiettivo di indagare sulle violazioni dei diritti umani e sulla scomparsa delle persone, durante il governo del Processo di Riorganizzazione Nazionale.

La Commissione ha raccolto numerose testimonianza sulle violenze effettuate in quel periodo dai militari e dalla polizia argentina e ha verificato l'esistenza di centinaia di luoghi di detenzione clandestini, presenti in tutto il Paese. Qui, le persone rastrellate per strada o portate via dalle loro case, passavano mesi o anni da prigionieri, costrette a rimanere al buio, ammassate, senza cure, e a subire le più terribili torture. Nel 1984 la Commissione ha prodotto un rapporto finale dell'indagine intitolato Nunca Màs (Mai più), che venne utilizzato anche come prova nel processo in cui vennero condannati molti militari e dittatori che operarono negli anni del regime civile-militare.

Al momento di presentazione del rapporto, si registravano 8.961 persone scomparse, un numero stimato sulla base delle denunce arrivate alla Commissione e risultato compatibile con gli elenchi redatti dalle organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani. La maggior parte delle denunce di sparizione o rapimento vennero registrate tra il 1976 e il 1977, come dimostra uno dei grafici allegati al documento. L'indagine rivelò anche la presenza di 340 centri di detenzione clandestini, dove vennero tenuti i prigionieri. L'indagine svolta dalla Commissione concluse che "i giovani sequestrati sono stati uccisi dopo aver subito le più orribili torture in diversi centri di detenzione segreti".

Alcuni dei ragazzi scomparsi nella Notte delle matite vennero visti per l'ultima volta in alcuni di questi centri. A renderlo noto fu Pablo Díaz, che affermò di aver visto "per l'ultima volta María Claudia Falcone, dopo aver trascorso diversi mesi con lei nella stessa prigione, il 28 dicembre 1976 nel Pozo de Bánfield". Pablo, riporta la Commissione, "ha visto anche Claudio de Acha a Bánfield, e un ragazzo soprannominato 'Colorado', tutti studenti delle scuole superiori, che si conoscevano, così come diverse altre persone, tra cui tre donne incinte che hanno partorito in prigione".

In ricordo di quelle "matite" spezzate dalla polizia argentina venne istituita, nella provincia di Buenos Aires, la Giornata dei diritti dello studente delle scuole secondarie e venne stabilito l'utilizzo dei mezzi necessari per fornire "informazioni sugli eventi accaduti il ​​16 settembre 1976, sottolineando l'importanza dei valori democratici rispetto a l'arbitrarietà dei regimi dittatoriali". Numerosi anche i siti e i monumenti intitolati alla memoria degli studenti che persero la vita.

Così grazie al ricordo anche quelle matite spezzate per sempre continueranno a scrivere.

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