"Aldo Naro come Willy. Solo il suo corpo ci dirà la verità"

È una sera di carnevale e Aldo si trova in discoteca insieme agli amici quando scoppia una rissa. Da quel momento il buio dal quale la mamma, Anna Maria, lotta per trovare un'uscita

"Aldo Naro come Willy. Solo il suo corpo ci dirà la verità"

Aldo Naro era un ragazzo brillante di San Cataldo in provincia di Caltanissetta. Fin da bambino aveva le idee chiare: il suo sogno era diventare medico chirurgo. A 24 anni si era impegnato così tanto negli studi da laurearsi anticipatamente con 110 e lode. L’anno successivo si era abilitato alla professione. Era giovane, determinato. Il 14 febbraio del 2015 aveva deciso di passare una serata in discoteca assieme alla fidanzata e agli amici. Doveva ridere Aldo, doveva divertirsi e staccare un po’ dalla routine fatta di studio e responsabilità. Invece quella notte incontra la morte, gli si presenta violenta, come i calci che ha ricevuto. I suoi genitori, Anna Maria e Rosario Naro, assieme alla figlia Maria Chiara, da sette anni chiedono che sia fatta giustizia. È una storia straziante, di dolore, di rabbia e per certi versi anche di omertà.

Signora Anna Maria, parliamo di quel terribile 14 febbraio 2015. Cosa è successo?

“Quel giorno era San Valentino e corrispondeva anche a un sabato di carnevale. Mio figlio Aldo aveva deciso di trascorrerlo andando a ballare con un gruppo di circa 12 ragazzi, tra amici di vecchia data, colleghi e la fidanzata. Si era travestito da Jocker, aveva il volto tinto di bianco ed era entusiasta del trucco ben riuscito. Mi aveva chiamata dicendomi: ‘Mamma sono molto felice, sono riuscito a truccarmi bene’, mi aveva mandato una foto. Questo è l’ultimo ricordo che ho di mio figlio in vita. Quel sabato lo hanno massacrato di botte fino a ucciderlo”.

Immaginiamo la scena, siamo dentro la discoteca Goa del quartiere Zen di Palermo, Aldo sta ballando, e poi?

“Aldo era seduto. Dalle perizie fatte dal nostro consulente si vede, da un frammento di video, che Aldo in quel momento era seduto in un divanetto. A un tratto viene trascinato con forza dal braccio davanti agli occhi di tutti, anche degli amici. Questa fantomatica rissa era già cominciata quando è stato coinvolto”.

Cosa hanno rilevato gli esami sul corpo?

“La prima autopsia dice che Aldo è morto per un solo calcio. Io e mio marito non abbiamo mai creduto a questa versione. Avevamo visto nostro figlio all’obitorio. Il corpo parlava chiaro, c’erano troppi ematomi che non ci convincevano. Ho voluto fotografarli, ma non mi è stato possibile. Ci sono voluti ben sette anni per arrivare alla verità. Grazie non solo alle nostre pressioni, ma anche con l’aiuto dei nostri avvocati Salvatore e Antonino Falzone e dei nostri consulenti, al medico legale Ragazzi e al dottore Cicero. Abbiamo chiesto al giudice l’esumazione".

E poi?

"In questo modo è stata fatta una nuova autopsia a Reggio Calabria dal professore Ricci. Da lì finalmente è uscita fuori la verità: il corpo di Aldo ha parlato, l’unico a dire la verità. Il suo farsi trovare intatto dopo qualche anno, con l’espressione serena sul volto, ci ha dato la possibilità e le condizioni per far sì che venisse fuori la realtà dei fatti. Non era giusto che quello che è successo rimanesse seppellito all’interno di quella bara”.

Cosa è emerso l’esumazione del cadavere e una tac 3D?

“È uscito fuori quello che sospettavamo. Frattura al setto nasale, frattura del massiccio facciale e della vertebra C2. In poche parole gli hanno rotto l’osso del collo. Un solo colpo non avrebbe potuto generare una tale emorragia cerebrale e le lesioni ossee. Aldo è stato massacrato all’interno di una discoteca davanti a centinaia di persone”.

Inizialmente c'è stata un po’ di omertà tra gli amici? Si è mai chiesta perché?

“Non solo all’inizio, c’è sempre stata. Non hanno mai collaborato, né detto come sono andate realmente le cose. Il motivo? Questo non lo so. Non so cosa sia scattato nella mente di questi ragazzi. Forse timore, paura. So solo che Aldo non è stato aiutato in alcun modo. Molti sono rimasti con le mani in tasca a guardare questo spettacolo. Non si è trattato solo di una rissa, ma un massacro a più riprese".

Cioè?

"Dopo averlo pestato, Aldo è stato fatto cadere dalle scale e si suppone che sia stato colpito ancora. Il corpo ormai inerme è stato poi preso da un buttafuori e gettato al freddo. Era febbraio, aveva da poco nevicato. Mio figlio, un neuro-traumatizzato con ancora gli spasmi, è stato lasciato morire da solo con addosso solo una camicia mentre pioveva. Così è morto Aldo, da solo. Lo abbiamo saputo solo il giorno dopo, alle 6 di mattina da un carabiniere, collega di mio marito, ci aveva detto: ‘Aldo è scivolato, si trova in ospedale’, io continuavo a chiamarlo al suo cellulare. Solo dopo ho scoperto che il telefono lo aveva la sua fidanzata. Mentre continuavo a chiamarlo lui era già morto e l’ho scoperto solo arrivata sul posto. Gli amici e chi stava lì non si sono mai presi la briga di farsi sentire”.

Lei ha detto spesso che la lentezza delle indagini non ha aiutato a scoprire subito i colpevoli. Ci può dire di più?

“Non sono stati fatti subito i rilievi. Dopo averlo buttato fuori, hanno chiuso le porte antipanico e la festa è andata avanti. Oggi se abbiamo un procedimento per omicidio lo dobbiamo solo al nostro lavoro. Il 16 dicembre 2020 sono stata costretta a recarmi al tribunale di Palermo con le foto delle autopsie. Era evidente il volto martoriato di mio figlio. Eravamo disperati. Quel gesto è stato estremo. Per me è stato quasi come violare il corpo di Aldo, ma sapevo che dovevo farlo, perché quello che vedevamo noi lo dovevano vedere tutti".

Cosa è accaduto dopo?

"Siamo stati presi per folli, sembrava che combattessimo contro i mulini al vento. Io, mia figlia e mio marito abbiamo subito un trauma indelebile. Non si tratta solo di sopravvivere alla morte, ma al ricordo di come è successo. Inoltre fa rabbia vedere che la giustizia non c’è ancora stata. Inizialmente si è parlato solo di rissa e favoreggiamento, quando in realtà doveva essere sin da subito omicidio in concorso. È stata una tragedia, anche giuridica. I processi sono uno ogni tot mesi e intanto sono passati più di 7 anni. La nostra paura è che il processo per rissa e favoreggiamento cada in prescrizione”.

Anna Maria, madre di Aldo Naro
La mamma di Aldo al tribunale di Palermo

Oltre il danno anche la beffa, perché poco tempo dopo la tragedia si è costituito un minorenne che si è addossato la responsabilità dei fatti, non è così?

“Guarda caso sì. Un giovanissimo si presenta ai carabinieri e dice: ‘Sono stato io’, accollandosi la colpa per tutti. La verità però è ben diversa. I colpevoli sono ancora in giro tutti liberi. A oggi ci sono tre indagati per omicidio in concorso ma presumibilmente si tratta di più persone”.

La pagina Facebook dedicata ad Aldo Naro è molto attiva ed è lo strumento con la quale scrivete gli aggiornamenti sul caso. Tra questi spicca anche un post in cui si parla di una tac, di cosa si tratta?

“Sì, ci siamo accorti che una delle tac dopo la prima autopsia non si trova più tra i fascicoli e questo è molto strano. Doveva trovarsi al Policlinico ed essere conservata per dieci anni, come da prassi, ma appunto non si trova. Non è neanche tra gli atti del pm per questo motivo abbiamo dovuto rifare gli esami a Reggio Calabria”.

I fratelli Bianchi sono stati condannati all’ergastolo dopo aver ucciso Willy, la famiglia del ragazzo ha potuto ottenere giustizia. Si spera che anche voi possiate averla prima o poi.

“Da soli abbiamo studiato il fascicolo del pm. Per continuare a combattere abbiamo bisogno di sapere come sono andate realmente le cose, scavando nel profondo. So che Aldo mi aiuterà in questo e anche Dio. Siamo fiduciosi che prima o poi la verità verrà a galla. Ci vuole tanta forza e tanta fede.

Come per il caso di Aldo, di Willy e altri innocenti nessuno può prendersi il diritto di togliere la vita a un essere umano. Serve soprattutto una pena severa ed educativa. Solo così si può capire quanto male si è fatto non solo alla vittima ma anche ai suoi familiari. La mancanza di giustizia porta disperazione”.

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