Palestina, dibattito e negoziati hanno tempi differenti

La lettera era un appello e non una critica In Italia accordo su due popoli, due Stati

Immagine di repertorio
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Pasquale Quito Terracciano è stato ambasciatore d'Italia in Spagna (dal 2006 al 2010), nel Regno Unito (dal 2013 al 2018) e in Russia (dal 2018 al 2021). Tornato a Roma, è stato dal 1º gennaio 2022 al 31 maggio 2023 il primo direttore generale della direzione generale per la diplomazia pubblica e culturale del ministero degli Esteri.

Gentile Direttore,
ho letto con attenzione l'articolo sulla lettera degli ex ambasciatori pubblicato ieri da il Giornale e vorrei esprimere il mio punto di vista.

Alla fine di ottobre del 1995, mi trovavo in Israele. Non era la prima volta che visitavo quel Paese, ma in passato c'ero stato solo per brevi missioni diplomatiche e non avevo avuto modo di girarlo tutto. Tornatovi da turista e da convinto ammiratore, ne visitai ogni angolo e mi spinsi anche nella Cisgiordania. Si respirava dappertutto una forte energia positiva che vedeva accomunati israeliani e palestinesi nella prospettiva di una progressiva realizzazione degli accordi di Oslo. Partii il 3 novembre e il giorno dopo il Primo Ministro Yitzhak Rabin fu assassinato da un colono ebreo estremista. Anche sul lato palestinese, l'estremismo prese presto piede con attacchi terroristici contro la popolazione inerme. Progressivamente l'orizzonte dei due Stati per due popoli, che era alla base degli accordi di Oslo, cominciò ad allontanarsi sempre di più. Oggi in molti pensano che sia definitivamente tramontato: un drammatico piano inclinato ha portato prima al barbaro eccidio del 7 ottobre 2023, poi un'iniziale legittima difesa si è trasformata in un massacro di un'intera popolazione che non trova più giustificazioni né politiche né militari.

Nel sottoscrivere una lettera di ex diplomatici italiani a favore di misure dissuasive nei confronti del governo israeliano e per il riconoscimento dello Stato della Palestina, io avevo in mente la necessità di ribadire l'ineluttabilità della prospettiva dei "due popoli due Stati" come unico mezzo per porre fine a questa tragedia. Per quanto difficile questa prospettiva possa oggi apparire, essa è l'unica che possa offrire un futuro di pace e prosperità e salvare palestinesi ed israeliani dai demoni dell'estremismo autodistruttivo. Nessuno è seriamente in grado di proporre un'alternativa accettabile.

Mi rincresce che la lettera sia stata oggetto di strumentalizzazioni politiche, anche se era intesa come appello e non come critica. C'è sempre qualcuno più realista del Re. In realtà c'è molta più unità di intenti di quanto non si voglia vedere: dal Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, al Ministro degli Esteri ai leader dell'opposizione, tutti concordano sulla necessità di rilanciare quella prospettiva. Questa unità di intenti ci può rendere più credibili ed efficaci.

È però necessario ricordare che una cosa è un dibattito, altra un negoziato. Va dato atto al nostro governo di aver avviato azioni concrete nella direzione che la lettera auspicava.

I tempi del negoziato, però, non coincidono necessariamente con quelli del dibattito: i primi sono dettati da un graduale avvicinamento di posizioni, i secondi dall'urgenza emotiva della coscienza. Sono due processi che debbono trovare un giusto equilibrio nell'interesse di tutti.

*Ex ambasciatore

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