Pensione d'oro per punire il pm

Pensione d'oro per punire il pm

Da una parte la condanna del sindaco di Milano Giuseppe Sala a sei mesi per un vizio di forma, dall'altra l'accompagnamento soft a una pensione più che d'oro dopo un brutto fatto di intercettazioni del procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio. Non c'è niente da fare, in tutte le fattorie gli animali sono uguali, ma ci sono animali più uguali degli altri. Ed è arrivato il momento che qualcuno ci spieghi il motivo per cui i magistrati debbano essere gli esponenti più puri di questa non proprio simpatica razza. Anche perché ad aiutarci c'è la cronaca che racconta di Sala punito per essere riuscito nel miracolo di rendere l'Expo un evento planetario mentre, proprio nelle stesse ore, Fuzio, scovato dalle intercettazioni a dialogare con il collega Luca Palamara, indagato per corruzione e che cerca di rubargli informazioni sull'inchiesta a suo carico, se la caverà con uno scivolo verso la pensione, semplicemente anticipata di un anno.

Uno è un reato e l'altro no, va subito precisato. Ma la pena per il comportamento di Fuzio comunque non è proprio così rigida, visto che l'ermellino, dopo aver riscosso l'emolumento più alto di tutta la pubblica amministrazione, passerà a riscuotere un assegno mensile di importo proporzionale. Non solo, perché la data del collocamento a riposo è stata fissata al prossimo 20 novembre, con la conseguenza che per tutti questi mesi al vertice di quello che non solo dovrebbe essere il santuario del diritto, ma anche il tempio dove il cittadino chiede di trovare la garanzia di una giustizia giusta, rimarrà un magistrato quantomeno gravato da un'ombra che rischia di turbare quel patto di legalità che nella società civile governa e benedice la comune convivenza. E come ci si potrà ancora fidare, dopo che lo stesso Sergio Mattarella, che del Consiglio superiore dalla magistratura è presidente, ha parlato di emersione di un «quadro sconcertante»?

Come si potrà ancora pensare che la legge è uguale per tutti, se amministratori di piccolo cabotaggio sono in galera (in galera) da mesi per farli parlare dopo aver probabilmente solo millantato lo spostamento di qualche decina di voti, mentre magistrati che dalle intercettazioni sembrano aver fatto strame della deontologia e dello stato di diritto, passeggiano tranquillamente per le città?

Sono ancora indagati, non ci sono ancora sentenze, risponderanno. Ma solo qualche mese fa l'onnipresente Piercamillo Davigo spiegava a giorni alterni da Floris o da Formigli che la pulizia nei partiti la devono fare i politici stessi dopo le intercettazioni e ancor prima dei processi. Perché nessuno affiderebbe il proprio figlio a un imputato di pedofilia anche senza bisogno di una sentenza di primo grado. Ecco, ora che il marcio (e che marcio) è finalmente venuto fuori anche nella casta con la toga, cosa aspetta Davigo, che del Csm è membro, a tornare in quegli studi tivù dai quali è sparito da un po' di tempo, per chiedere alla sua privilegiata categoria di fare la stessa pulizia che pretendeva dai politici? Anche senza bisogno di sentenze, visto che le intercettazioni parlano chiaro. E i magistrati dovrebbero essere ancor più al di sopra di ogni sospetto dei politici.

Perché non basta dire, come ha fatto il presidente Mattarella il 21 giugno di fronte a un Csm che oggi conta la bellezza di quattro membri dimessi e un autosospeso, che «da adesso si volta pagina». Prima gli italiani vorrebbero (se possibile) giustizia. Anche se si tratta di magistrati. Che in troppi casi la giustizia preferiscono esercitarla che rispettarla.

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