Perché un ospedale ingessa con il cartone?

Perché un ospedale ingessa con il cartone?

C'è un pezzo di Paese che muore ogni giorno di sprechi e inefficienze. La foto di un paziente «ingessato» con un po' di cartone e di nastro adesivo - pubblicata dal Corriere della Calabria - non arriva da un campo scout, ma dagli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, città da 200mila abitanti.

A denunciare lo scandalo sono gli stessi medici: colpa del reparto di Ortopedia, che chiude alle 20 e riapre il mattino dopo. Da settimane. Non c'è personale, dicono i responsabili, non ci sono attrezzature e non ci sono neanche i soldi. Il buco della sanità calabrese è di 100 milioni, sulla «ricetta» per rientrare è scontro tra il governatore calabrese Mario Oliverio e il commissario straordinario Massimo Scura, spedito da Palazzo Chigi in riva allo Stretto. Due galli nello stesso pollaio, anzi granaio, di clientele e di consensi. E, infatti, i due si fanno la guerra sulla pelle dei calabresi. La sprecopoli è un'enciclopedia degli orrori: sale operatorie inaugurate davanti ai flash ma mai collaudate, migliaia di euro spesi per pubblicizzare ospedali mai realizzati, Asl sciolte per mafia dopo l'omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale Franco Fortugno, ucciso - dicono i giudici - dall'ex caposala Alessandro Marcianò, rimasto a busta paga della sanità per un anno nonostante la condanna all'ergastolo. Nello stesso ospedale reggino ci sono state molte morti sospette nel reparto di Pediatria, tanto da accendere il faro della Procura. Risultato? Reparto decapitato e medici sospesi dalla professione per aborti non «consenzienti». Vittima anche la sorella del primario, fatta abortire senza consenso secondo i pm perché il medico temeva che il nipote avesse la sindrome di Down.

Ma il vero dramma è che nessuno si ribella neanche più, perché la crisi economica del Sud Italia ha svuotato evidentemente anche le riserve di indignazione. Se ci fosse un ministro della Salute, i manager dell'ospedale sarebbero già ai giardinetti. Ma la dignità scarseggia. Come il cartongesso.

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