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Il pizzo dei Comuni

Qualche giorno fa la premier Giorgia Meloni ha suscitato un vespaio di polemiche quando a proposito della lotta all'evasione fiscale ha evidenziato un paradosso:

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Qualche giorno fa la premier Giorgia Meloni ha suscitato un vespaio di polemiche quando a proposito della lotta all'evasione fiscale ha evidenziato un paradosso: in Italia si finanziano dei provvedimenti facendo conto di quello che si dovrebbe recuperare dalla lotta all'evasione; motivo per cui l'Agenzia delle Entrate deve trovare il modo di assicurare allo Stato quelle risorse al costo di mettere in piedi un regime asfissiante per le imprese, i commercianti e tutta la platea dei contribuenti. Da qui l'espressione «pizzo di Stato» che ha scandalizzato tanti Soloni.

Un'esagerazione? Mica tanto, perché quella filosofia - più consona ai gabellieri borbonici che non ad uno Stato liberale -, è la stessa su cui si basano le multe stradali. Il Codacons ha scoperto che dalle contravvenzioni i Comuni italiani ricavano una cifra mostruosa: solo nelle prime 20 città italiane si raggiunge la cifra di 547 milioni di euro, con una crescita del 37,4% rispetto al 2021. Qualcuno dirà che il 2021 fu l'anno del Covid, ma ciò nulla toglie alla montagna di soldi che le amministrazioni locali racimolano dagli automobilisti.

Entrate indispensabili per i bilanci dei nostri Comuni che trasformano le multe in una «tassazione camuffata». Appunto, un mezzo «pizzo». Basta girare per le strade per accorgersene. Se nel Medioevo per attraversare un ponte dovevi pagare un balzello al feudatario, oggi anche nelle strade secondarie sei preso di mira da un autovelox. O ancora sulle strade a doppia corsia ti ritrovi all'improvviso un limite di 60 km/h presidiato da un Tutor. Sembra che l'obiettivo non sia quello della sicurezza stradale, ma quello di indurre l'automobilista all'infrazione del codice. Basti pensare che il Comune di Firenze, che sicuramente non è un autodromo, con gli autovelox ha racimolato 23,2 milioni di euro, più di Milano e Roma. Un meccanismo perverso che ha fatto litigare l'ex sindaco Matteo Renzi con il suo successore Dario Nardella. Non parliamo poi, per «carità di Comune», delle altre fattispecie di multe.

Purtroppo si tratta di uno stile di governo, visto che nei primi cinque posti della «hit parade» delle contravvenzioni ci sono tutte amministrazioni di sinistra. Non è una polemica ma una constatazione. Nell'ordine: Milano, Roma, Firenze, Bologna e Torino. E che la cosa puzzi lo dimostra il fatto che le multe sono importanti per alimentare le casse dei nostri Comuni. Al punto che se tutti gli automobilisti fossero disciplinati, vigili, pizzardoni e assistenti stradali si dovrebbero inventare i pirati della strada per assicurarsi uno stipendio.

Il punto dolente è che alla fine questa «tassazione camuffata» colpisce soprattutto le classi meno abbienti: se i ricchi hanno l'autista e gli agiati prendono il taxi, alla fine l'obolo ai Comuni finiscono per pagarlo soprattutto i pendolari.

Se si aggiungono anche queste gabelle ad una tassazione che già di per sé è alta (quest'anno, secondo la Cgia di Mestre, il contribuente lavorerà per lo Stato fino al 7 giugno) si capisce perché per molti italiani lo Stato assume le sembianze di un patrigno.

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