Politica italiana verso l'anno zero

"Mamma mia, speriamo di no...". Era il novembre del 2010 quando Mario Draghi si schermiva davanti ai giornalisti italiani che lo avevano avvicinato per chiedergli se avesse in animo un passaggio a Palazzo Chigi

Politica italiana verso l'anno zero

«Mamma mia, speriamo di no...». Era il novembre del 2010 quando Mario Draghi, allora presidente della Bce, si schermiva con un sorriso davanti ai giornalisti italiani che lo avevano avvicinato al G20 di Seul per chiedergli se avesse in animo, di lì a qualche tempo, un passaggio a Palazzo Chigi. Dieci anni e qualche mese dopo, SuperMario - più per necessità che per scelta - pare essere in dirittura d'arrivo. In uno scenario che vede il quadro politico italiano a un passo da un nuovo anno zero. Volendo fare un paragone, un po' quello che accadde a inizio anni Novanta con Tangentopoli.

Queste sono le ore della confusione, dei dubbi e delle trattative. E dell'illusione di alcuni di riuscire ancora a ribaltare il tavolo. Luigi Di Maio, per dire, immagina di poter sgambettare l'ex presidente della Bce e, magari, di ottenere lui un nuovo incarico da Sergio Mattarella la prossima settimana. Non è fantapolitica, lo confida in privato e a più di un interlocutore. Il termometro di quanto la politica non si renda conto di quello che gli sta accadendo intorno. D'altra parte, così è stato nelle ultime settimane sia per Giuseppe Conte che per Nicola Zingaretti, completamente avulsi da quanto gli stava accadendo a pochi metri.

In verità, a Draghi non sembra esserci che una sola alternativa: le elezioni anticipate e il default del Paese, che sarebbe non solo aggredito dai mercati ma diventerebbe anche lo zimbello della comunità internazionale («ma come si fa a dire no all'italiano più stimato e rispettato nel mondo?», sarebbe il refrain di tutti). Per tutte queste ragioni, alla fine il governo Draghi si farà. C'è solo da capire dentro quale perimetro parlamentare e se con dentro esponenti dei partiti oppure solo tecnici. E sarà allora che la politica tutta andrà incontro a un gigantesco rimescolamento come non lo si vedeva da un trentennio.

I primi segnali dello stravolgimento in arrivo si sono colti già nei giorni scorsi, con i febbrili e quotidiani contatti telefonici tra Matteo Renzi e Matteo Salvini. I due, pur con obiettivi differenti, hanno giocato di sponda. E il leader di Italia viva ha sentito pure Silvio Berlusconi per assicurarsi che il centrodestra facesse muro sui suoi parlamentari, così da stoppare la strada del Conte ter. I contatti «improbabili» sono andati avanti in queste ore, pare con scambi di messaggi tra Renzi e Di Maio (e, si vocifera, tra il ministro degli Esteri uscente e Giorgia Meloni). Nello scenario del possibile imminente big bang, per altro, ci sono anche le frizioni tra i vertici del Pd e il Quirinale. Un ministro dem di seconda fascia in privato non lesina critiche violentissime a Mattarella, reo di non aver dato l'incarico a Conte e aver «consentito» l'arrivo di Draghi. Lo stesso Zingaretti con i suoi è furioso con il Colle. Un nervosismo figlio della consapevolezza che nei prossimi mesi tutto sarà rimesso in discussione. Soprattutto se, come sembra, anche la tornata amministrativa che riguarda città come Bologna, Milano, Napoli, Roma e Torino è destinata ad essere rinviata ai mesi a venire. Così, almeno, i partiti hanno interpretato il discorso di Mattarella di martedì scorso.

Un rinvio, infatti, non farebbe che favorire un rimescolamento che pare difficilmente evitabile. Il Nuovo Ulivo a trazione Pd-M5s che vedeva in Conte il leader di riferimento è infatti in crisi. Il gruppo grillino rischia di spaccarsi sulla fiducia a Draghi e non si sa cosa ne resterà. E pure il premier uscente potrebbe restare ai margini se non rientrerà nella squadra del nuovo governo. Ci sta provando con tutte le sue forze, consapevole che uno-due anni di panchina potrebbero consegnarlo all'oblio della politica. Per questo sta chiedendo garanzie in cambio di una sua «benedizione» pubblica a Draghi. Per il momento la trattativa è in corso (o il ministero degli Esteri o una poltrona di peso alla Commissione Ue), ma pare che sul Colle si inizino a registrare i primi fastidi per l'intraprendenza dell'autoproclamato «avvocato del popolo». Inutile dire di Italia viva, che sempre più guarda al centro, al punto che il vicesegretario dem Andrea Orlando non esita a parlare di «operazione politica» di un Renzi che definisce ormai «alleato del centrodestra». E anche su questo fronte, per altro, si rischia uno smottamento di non poco conto. Se Draghi sarà appoggiato da una «maggioranza Ursula», Forza Italia finirà per sganciarsi. Con la Lega spaccata tra pro e contro il governo e FdI decisamente contraria. E con il fronte sovranista destinato a restare in panchina per un bel po'. Almeno un anno, che in politica è quasi un'era geologica.

A sinistra e a destra, dunque, sono in vista smottamenti destinati a cristallizzarsi per tutto il tempo che governerà

Draghi. E con la partita dell'elezione del prossimo presidente della Repubblica - febbraio 2022 - che rischia di essere il primo vero passaggio su cui si confronteranno i nuovi equilibri. Con un centro in grande sommovimento.

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