Cronache

Le prime ore di Silvia Romano in Italia: "Datemi tempo, ho bisogno di ritrovarmi"

La mamma di Silvia Romano, Francesca Fumagalli, in difesa della figlia: "Lasciatela tranquilla, ha bisogno di tempo per capire"

Le prime ore di Silvia Romano in Italia: "Datemi tempo, ho bisogno di ritrovarmi"

Da quando è ritornata a casa, Silvia Romano non ha letto i giornali né guardato la tivù. Ha scelto di restare in silenzio, di rintanarsi nel suo nido, tra le braccia rassicuranti di papà Enzo e mamma Francesca. Al suo fianco ci sono la sorella Giulia e gli amici di sempre, quelli che hanno atteso col fiato sospeso il suo ritorno per 18 interminabili mesi. E, alla fine, sabato 9 maggio, hanno potuto rincontrare Aisha, la 'nuova' Silvia, convertita all'Islam e fasciata in uno hijab.

Nei suoi primi due giorni di libertà vigilata - dovrà fare anche lei la quarantena per via dell'emergenza sanitaria - la giovane cooperante milanese è uscita solo per andare in Questura. S'intravede di sfuggita, verso le ore 18 di martedì, nel breve tragitto dall'auto al portone del palazzo di via Casoretto: indossa un paio di leggins blu e un velo colorato sui toni del rosso; ai piedi calza un paio di superga nere. Ha il volto provato e lo sguardo perso, divagante. Una schiera di giornalisti è assiepata lungo la strada ma Silvia non ha alcuna voglia di parlare. Fa un cenno con la mano e poi si defila a testa bassa. Subito dopo, è un viavai di rose e margherite, mazzi di fiori fatti recapitate alla 24enne dai suoi vecchi compagni di scuola, professori dell'Università e conoscenti.

I tempi non sono ancora maturi per raccontare l'esperienza devastante della prigionia e, probabilmente, non lo saranno ancora per molto. Allora, ci pensa mamma Francesca a spiegare come stanno le cose quando, nel primo pomeriggio, porta il cagnolino a piazza Durante per una passeggiata. "Come volete che stia? - dice rivolgendosi ai due inviati de Il Corriere della Sera - Provate a mandare un vostro parente due anni là e voglio vedere se non torna convertito". Già, la conversione. In queste ore si è molto discusso della scelta di Silvia di abbracciare l'Islam, del cambio nome. Il dubbio è che possa averlo fatto quasi inconsapevolmente, plagiata dai suoi carcerieri di Al-Shabaab o in misura di conforto all'isolamento forzato. Lei smentisce con forza che ci sia stata coercizione ma è troppo presto, adesso, per approfondire la vicenda e sfogliare le pagine più dolorose del racconto.

La 24enne chiede tempo: "Datemi tempo per elaborare quello che è accaduto in questi mesi, tempo per ritrovarmi". Da quando ha messo piede in Italia, è stata travolta da un'ondata di insulti, tanto che è stato necessario rafforzare la privacy del suo profilo social. Un'ondata d'odio giunta dal web e che non giustifica lo scetticismo (lecito) per la conversione inattesa. "Bisogna avere rispetto per Silvia e per tutto quello che ha passato - ripete la mamma - Adesso lei ci chiede molto umanamente e con semplicità queste cose. E noi tutti gliele dobbiamo garantire. Ha vissuto situazioni che neanche possiamo immaginare e di cui non riesce neanche a parlarne con noi".

Ieri, Silvia è stata nuovamente ascoltata da Pm Alberto Nobili, capo del pool Antiterrorismo, e dal tenente colonello Andrea Leo del Ros di Milano. Ha raccontato di essere tranquilla e felice per la sua liberazione, nulla di più. Poi è ritornata a casa dove, in questi giorni di Ramadan, prega e riposa. "E' una ragazza di 24 anni ma è come se non avesse vissuto gli ultimi due. - dice Francesca - Ha bisogno di ritrovare la sua vita. Ora, lasciateci in pace due settimane.

Quando sarà pronta, parlerà".

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