Quando a rapire è uno dei genitori

In Italia sono 335 i bambini sottratti da un coniuge a un altro. Ben 144 sono italiani. Molte storie si perdono nell’anonimato

Quando a rapire è uno dei genitori

Con i bambini è tutto più facile: si può giocare. Fingere che andarsene da casa sia uno scherzetto da fare a papà o a mamma, il «cattivo» di turno. Oppure farli addormentare in un sonno soffice, risvegliandoli dall’altra parte del pianeta, in un nuovo magico mondo. Dove l’altro genitore «arriverà, tesoro». Senza fretta.

In Italia sono 335 i bambini sottratti da un coniuge a un altro. Ben 144 sono italiani. Molte storie si perdono nell’anonimato. Non quella del medico sportivo pistoiese Stefano Bianchi, ora 53enne. Che non ha saputo più nulla di suo figlio per tre anni e mezzo. Poi il bambino - che ora ha 15 anni e quando la madre, l'ex campionessa svizzera di ciclismo Lucille Hunkeler, lo ha rapito per la prima volta, nel 2002, ne aveva appena 3 - come per magia (e anche grazie all’Interpol) - è ricomparso a Maputo, la capitale del Mozambico, nell’ottobre 2007. Solo allora i giornali ne parlarono a fondo. «Ho faticato molto a coinvolgere la gente nel mio dramma. Mio figlio, all’epoca, era stato addestrato da sua madre a una situazione di latitanza. Per lui cambiare nome, casa, stato, essere continuamente in viaggio perché, come gli avevano fatto credere “il babbo è cattivo e ti sta cercando“, era diventato un gioco». La moglie, che all’epoca venne arrestata dalle autorità italiane, ora è tornata a vivere nella sua terra, dove, come l’ex marito, ha altri tre figli maschi. «Tutto è tornato normale, il bambino vive con me, ma vede la madre quando vuole. Durante la sua scomparsa, però, la mia ex moglie si era persino rifugiata con lui in un posto per me sino ad allora completamente sconosciuto: São Tomé e Príncipe, un’isola del Golfo di Guinea. Mah!».

Stefano Ferrari, 41 anni, operaio di Moglia di Gonzaga (Mantova) invece sua figlia Sara(il nome è di fantasia, ndr), che ora ha 7 anni, è andato a riprendersela in Florida, a Miami. E sul ruolo delle autorità italiane in faccende come questa ha un’idea ben precisa e poco edificante. «Inizialmente ero disperato: al consolato italiano di Miami mi dissero che tutto l’aiuto che potevano offrirmi consisteva nella lista dei legali. Ne scelsi uno, ma solo per vedere le pratiche voleva 50mila dollari!!». Stefano si era innamorato di Carolina - una 39enne cubana nata a Miami e che in Italia aveva sposato un italiano da cui aveva già avuto una figlia - sul posto di lavoro. Dopo aver chiesto la separazione e poi il divorzio dai rispettivi coniugi, erano andati a vivere insieme. Sara nasce nel 2008. Moglia viene colpita dai terremoti dell’Emilia nel maggio 2012 e, proprio a causa del sisma, Stefano e Carolina perdono il lavoro. «La vedevo inquieta, giravano pochi soldi, voleva tornare a ogni costo Miami, mi tormentava» spiega Stefano che, pur di accontentare la compagna, nell’ottobre 2013 la fa partire con Sara, promettendole di raggiungerle per vivere tutti insieme a Miami. «Una settimana dopo la vedo sul suo profilo Facebook, ha postato delle foto dove è abbracciata con un altro - racconta Stefano -. Al telefono mi sembra un’altra persona. “Se vuoi vedere Sara raggiungimi - mi dice risoluta -, vieni qui e trovati un lavoro, io resto con Franco“». E non risponde più al telefono.

Stefano si muove immediatamente, con l’aiuto delle sorelle e della madre. Dopo aver inoltrato denuncia internazionale per sottrazione di minore, manda mail alla Farnesina. Gli rispondono subito, ma nulla si muove. «Il silenzio, della mia compagna e di mia figlia, ma anche quello delle autorità, mi fa quasi ammattire: la polizia mi dice che non ha competenza, al dipartimento di giustizia minorile, si scaricano la palla l’uno con l’altro. Scopro che è possibile trovare un avvocato a Miami che si occupi del mio caso facilitandomi economicamente, tramite la convenzione dell’Aja e la presentazione della dichiarazione dei redditi. Ma passano i mesi e io continuo a non sentire più mia figlia». La rivedrà solo lo scorso novembre. Quando, dopo aver sollecitato a più riprese il dipartimento di giustizia minorile a Roma, viene chiamato dal dipartimento di giustizia di Washington. «Mi i fornirono un interprete e un avvocato che accettò di assistermi gratuitamente». Quando il legale riuscì a trovare Carolina Stefano prese il primo volo per Miami, incontrò bimba e madre all’aeroporto. Finalmente. «Ora ho l’affido esclusivo di Sara. Sua madre? È qui, a Moglia, ma non le do un soldo, per lei non provo più nulla. Le autorità italiane? Lasciamo perdere».

L’ex compagna di Alex Aleo, 26enne libero professionista, invece è italianissima. Nata a Desio (Milano), Stefania convive con lui a Catania, dove fa la commessa, per tre anni e mezzo. Nel 2009 nasce Stella, ma nel 2012 i due si allontano serenamente. E sulla gestione della bambina vanno così d’accordo che Stefania abita a casa della zia dell’ex. Una stabilità destinata a esaurirsi quando Stefania, che ha 28 anni, nell’estate 2012 s’innamora, ricambiata, di un turista italo panamense, un avvocato 40enne piuttosto facoltoso in vacanza a Catania per due settimane. In quel periodo la ragazza cambia totalmente. E, oltre a denunciare all’improvviso e senza ragione Alex per stalking, lo minaccia di non fargli mai più rivedere la figlia e di portarla all’estero dove si rifarà una vita. La donna quindi cambia numero di cellulare e va a vivere dalla sorella, negando all’ex compagno le visite alla bambina. «Quando lo straniero torna a Panama io non sono comunque tranquillo - racconta Alex -, mi rivolgo a un legale che finge solo di aiutarmi. Credo ci sia anche il suo zampino se nel maggio 2013 Stefania ha rapito nostra figlia e l’ha portata a Panama. Fino a oggi ho speso 20mila euro, ho cambiato tre civilisti e un penalista, ma mia figlia non l’ho più vista. Stefania, intanto, come potete notare tutti su Facebook, si è sposata. Il tribunale dei minori di Catania nel 2014 ha richiesto il rientro immediato della bambina perché la madre ha perso la patria potestà. I legali di Stefania si sono opposti.

E la corte d’appello di ha rigettato il decreto del tribunale chiedendo di riformulare il provvedimento perché la pena, verso la madre, è“eccessiva“, riaffidando la bambina in via esclusiva alla madre. Insomma: per la legge italiana ha fatto bene a rapirla! E se rivoglio mia figlia dovrei andare a Panama e trovarmi un avvocato là. Ma come faccio?».

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