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Il ricattino del moralizzatore

Allora, mettiamo subito le cose in chiaro: sul Colle la sinistra - maestra di trucchi, coltellate e ombrosi stratagemmi - non può fare la morale a nessuno

Il ricattino del moralizzatore

Allora, mettiamo subito le cose in chiaro: sul Colle la sinistra - maestra di trucchi, coltellate e ombrosi stratagemmi - non può fare la morale a nessuno. Due giorni fa Silvio Berlusconi, parlando ai suoi, ha detto che se Draghi dovesse essere nominato presidente della Repubblica, Forza Italia non appoggerebbe nessun altro governo. Una dichiarazione coerente e pure logica: l'esecutivo dell'ex numero uno della Bce è nato per esigenze straordinarie, se lui - in mezzo a una pandemia - molla baracca e burattini per inseguire i suoi sogni di gloria sul più alto dei colli romani, il governo cade e precipita dall'unità alla disunità nazionale. Difficilmente, oltre a Draghi, qualcuno potrebbe tenere insieme una maggioranza così vasta ed eterogenea.

Insomma, una constatazione di buon senso che nella lettura di Enrico Letta si trasfigura in «parole molto gravi e con una tempistica sbagliatissima». Evidentemente, sulla scorta della rimozione chirurgica applicata da Mario Draghi nella sua ultima conferenza stampa, a meno di due settimane dal voto sul Quirinale, è vietato parlare del Quirinale in pubblico. Vietatissimo, non è il momento adatto: probabilmente vorrebbero parlarne a elezione avvenuta, per poter fare meglio i loro comodi. Roba da Corea del Nord più che da Paese occidentale.

Per Ezio Mauro le parole del Cavaliere diventano addirittura un «ricatto». Allora giova ricordare che cosa ha detto lo scorso 30 dicembre - probabilmente in un momento di incoscienza - Enrico Letta, proprio a Repubblica: «Sul Quirinale ci può essere una maggioranza più larga, non più stretta, altrimenti cadrebbe il governo». Lo stesso Enrico Letta che ieri «moralizzava» sulle parole di Berlusconi, non un suo omonimo, ammetteva candidamente meno di un mese fa che alcune circostanze avrebbero portato alla caduta dell'esecutivo. E, incredibilmente, nessuno ha pensato di titolare l'intervista «Il ricatto del leader del Pd». Nessuno si è scagliato contro le dichiarazioni «gravi», «brutte» e «fuori tempo» del segretario del Pd. Strano, no?

La verità è che la sinistra quando si parla di Quirinale perde la trebisonda. Specialmente ora che - dopo anni in cui ha usato la massima istituzione repubblicana come merce di scambio per risolvere le beghe interne al partito - teme di non riaccaparrarsi il bottino quirinalizio.

Per troppo tempo hanno considerato il Quirinale cosa loro, adesso è il momento che torni agli italiani: non c'è ricatto che tenga.

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