La rotta non serve se nessuno guida

Potremmo anche sbagliarci, ma a occhio il "piano Colao" per far ripartire il Paese presentato lunedì è nato morto, al di là dei suoi pregi e dei suoi difetti

La rotta non serve se nessuno guida

Potremmo anche sbagliarci, ma a occhio il «piano Colao» per far ripartire il Paese presentato lunedì è nato morto, al di là dei suoi pregi e dei suoi difetti. Non lo vuole Conte, che l'ha subito probabilmente su ordine di un Mattarella preoccupato per la pochezza del governo; non lo vuole il Pd, che oltre ad avere altre idee non accetterà mai di essere succube di un rappresentante del capitalismo finanziario; non lo vogliono i grillini, a cui solo a leggere alcune delle proposte contenute nel documento - molto simili a quelle fatte da Forza Italia - è venuta l'orticaria.

Dopo l'era dei virologi, si sta quindi concludendo anzitempo anche quella dei pianologi, esperti di ogni genere chiamati forse troppo frettolosamente al capezzale della politica. Perché un conto è che i ministri abbiano i loro consulenti, altro è appaltare fuori dalle istituzioni e dal Parlamento pezzi di democrazia. Non funziona, non può funzionare così, soprattutto in assenza di un premier forte e in presenza di una maggioranza disunita e litigiosa. Nessun «esperto», da Cottarelli per la spesa pubblica a Cantone sugli appalti (certo non parliamo di due stupidi) è uscito vivo dalle sabbie mobili dei palazzi romani: non li vogliono, non li sopportano e a ben vedere loro non hanno neppure titolo per sostituirsi finché siamo in una Repubblica parlamentare a persone e organismi eletti dal popolo.

La giostra deve ripartire quindi inevitabilmente dal via, da quel Parlamento che quattro mesi fa fu esautorato di ogni potere (non che prima fosse propriamente in palla) in nome appunto di virologi e pianologi. Il che non sarebbe neppure un male se non fosse che parliamo di un Parlamento Vietnam, il meno qualificato e preparato di sempre e per nulla rappresentativo degli umori degli elettori che nelle urne avevano indicato ben altro scenario.

Continuiamo a compilare ricette che indicano meravigliose strade da percorrere (domani partono gli «stati generali dell'economia», altra genialata di Conte per comperare tempo), ma non abbiamo una macchina politica in grado di arrivare a destinazione e forse neppure al primo autogrill.

Più che al nuovo Ponte Morandi per intenderci questa ripartenza mi sembra simile al Ponte sullo Stretto di Messina, cioè un'opera faraonica per la quale negli anni sono stati spesi milioni di parole e decine di progetti ma che, purtroppo, non vedrà mai la luce. E almeno allo stato delle cose questo non è pessimismo ma realismo.

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