Ruby, Berlusconi è stato assolto ma i pm si attaccano al gossip

La Procura di Milano non molla e vuol processare ancora il Cavaliere e altre 33 persone L'ipotesi: pagò 10 milioni per far mentire i testi. Il leader di Fi: «Accuse basate sul nulla»

S e Silvio Berlusconi fosse un imputato come tutti gli altri e quella chiusa ieri dalla Procura di Milano fosse un'inchiesta come tutte le altre, sarebbe inevitabile andare a frugare nella montagna di carte, intercettazioni, analisi bancarie depositate ieri dai pm e notare una assenza di solito cruciale: il movente. Il movente che avrebbe spinto Berlusconi a decidere e orchestrare una gigantesca e costosa (10 milioni di euro) campagna di corruzione giudiziaria per nascondere quanto accadeva nelle sue feste di Arcore: ovvero nulla, nulla di penalmente rilevante, nessun reato almeno da parte sua, come hanno stabilito prima la Corte d'appello e poi la Cassazione che lo hanno mandato assolto con formula piena. Il movente, insomma, non si sa quale sia. Ma Berlusconi non è un imputato normale, normale non è la storia del suo scontro ormai ultra ventennale con la magistratura in genere e con quella milanese in particolare, e così anche la mossa di ieri della Procura finisce nel conto di questo duello di cui non si vede la fine.

La Procura di Milano, nelle persone dei pm Luca Gaglio e Tiziana Siciliano e del procuratore aggiunto Piero Forno, ieri ha fatto partire 34 avvisi: le indagini sono chiuse e il processo è pronto per essere chiesto e celebrato con le accuse di corruzione giudiziaria e falsa testimonianza. Nel mirino ci sono 21 «olgettine», ragazze ospiti delle feste di Berlusconi e poi da lui a lungo aiutate e mantenute; ci sono amici di Berlusconi come Carlo Rossella, Mariano Apicella, Giorgio Puricelli, commensali delle feste accusati di avere mentito quando negarono di avere visto le scene di nudi e toccamenti descritte dalle testimoni d'accusa. C'è Giorgia Iafrate, giovane e tosta funzionaria di polizia che nell'aula del processo Ruby tenne testa alla Boccassini, che è stata ritenuta credibile dalla Cassazione e che invece la Procura milanese accusa di spergiuro. Ma altri non ci sono: Niccolò Ghedini e Piero Longo, difensori storici del Cavaliere, inizialmente indicati dai pm come complici della corruzione, e che viaggiano verso il proscioglimento. E non c'è, dettaglio curioso, nessuno dei partecipanti, come Valentino Valentini e il console Bruno Archi, al vertice con Mubarak in cui secondo loro Berlusconi chiese davvero di una presunta nipote, e che per questo erano stati accusati di falsa testimonianza. Vuol dire che la Procura si è convinta che era tutto vero?

Ma soprattutto, nella lista dei processandi, ci sono loro due: Silvio e Ruby, protagonisti indiscussi di questa vicenda interminabile. È a Ruby che Berlusconi è accusato di avere promesso e poi versato la parte più clamorosa del prezzo del silenzio, sette milioni di euro sperperati poi dalla ragazza nei modi più impensabili e inverosimili, tra vacanze alle Maldive col nuovo amore, feste da migliaia di euro per la propria figlia e soprattutto nel progetto di un pastificio in Messico insieme al vecchio partner Luca Risso, colto poi da Ruby in flagrante adulterio, ora convolato a nuova unione, e autore di una lettera tra il minatorio e il ricattatorio a Berlusconi intercettata dai pm. E di abbozzi di estorsione pullulano le intercettazioni realizzate in questi due anni ad alcune delle olgettine che chiedevano al Cavaliere nuovi aiuti in cambio di nuovi silenzi.

Berlusconi ieri si mostrava sereno, «un altro tentativo della Procura di Milano di costruire contro di me accuse basate sul nulla» e si dichiarava fiducioso nella «imparzialità e buon senso dei magistrati giudicanti». Degli aiuti in contanti, case ed auto alle Olgettine, il Cavaliere ha sempre dato la sua spiegazione: non corruzione ma aiuti umanitari a giovani donne devastate dall'inchiesta. Berlusconi, che ora ha venti giorni di tempo per farsi interrogare, sa bene che il punto dolente sono i soldi a Ruby: che magari non sono sette milioni e nemmeno cinque, ma che sono comunque difficili da spiegare con il semplice gesto umanitario, anche perché agli atti c'è la prova della irritazione (per usare un eufemismo) dell'ex premier per le spese pazze di Ruby. Ma poi i soldi continuavano ad uscire. Anche qui, però, il punto debole è il movente: perché Ruby iniziò a scagionare Berlusconi già nell'agosto 2010, ben prima di essere avvicinata.

Solidarietà a Berlusconi è stata espressa ieri da molti esponenti di Forza Italia tra cui Giovanni Toti, Renato Brunetta, Paolo Romani e Mariastella Gelmini.

di Luca Fazzo

Milano

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