Un Matteo Salvini in salsa inaspettatamente democristiana. Ecumenico come mai prima quando racconta i risultati della gazebata leghista a Roma, appuntamento che nel weekend ha acceso non poco le tensioni interne ad un centrodestra che ancora non riesce a riconoscersi in un unico candidato sindaco. Eppure, dopo aver prima rimesso in discussione Guido Bertolaso e poi innescato la mina dei gazebo, il leader della Lega decide di vestire i panni del pompiere. In modo niente affatto casuale, ma studiato e calcolato nel dettaglio.
Basta uno sguardo al suo profilo Facebook per avere la fotografia della svolta. Il post in cui Salvini ringrazia «i 15mila cittadini che hanno portato le loro idee ai gazebo di Roma» è infatti accompagnato da una foto sulla quale campeggiano quattro schede già scrutinate: nella prima la preferenza è ad Alfio Marchini, nella seconda viene indicato Francesco Storace, nella terza il voto va a Guido Bertolaso e nella quarta la spunta è per Irene Pivetti. Con grande premura, insomma, non si fa torto a nessuno. Una linea confermata da una serie di dichiarazioni concilianti. Prima verso Silvio Berlusconi, visto che Salvini parla di «sostanziale pareggio» tra i diversi candidati e arriva a dire che a correre «potrebbe essere lo stesso Bertolaso» perché «non pensavo prendesse tutti questi voti». Poi verso Giorgia Meloni, con il leader del Carroccio che giura di non voler «decidere da solo» e auspica primarie di «tutto il centrodestra» per individuare il miglior candidato al Campidoglio.
Dal Salvini sulle barricate delle ultime settimane, dunque, si passa al Salvini post-democristiano di ieri. Una scelta pare maturata solo in tarda mattinata dopo un colloquio con Berlusconi, ma comunque una decisa inversione di rotta. Sulla quale hanno evidentemente pesato il rischio più che concreto di far saltare il tavolo delle amministrative. Da quando il segretario della Lega ha infatti aperto il fronte romano, sul territorio si sono congelate molte delle trattative in corso per individuare i candidati sindaci di comuni più o meno piccoli, ma comunque importanti per la Lega (soprattutto in Lombardia, Veneto e Piemonte). Anche per questo Salvini avrebbe deciso di ammorbidire la linea.
I prossimi giorni diranno se la svolta è destinata a portare a una tregua permanente e, dunque, alla soluzione della querelle romana. Anche se già ieri sera arrivavano segnali poco incoraggianti. Se al 60% dello spoglio Marchini era a 1.450 voti, a fine giornata il dato definitivo vede il candidato gradito a Salvini schizzare a ben 4.534 preferenze.
La sensazione è che i conti non tornino. Oppure che il leader della Lega abbia già voluto correggere il tiro rispetto a qualche ora prima, quando aveva parlato di «sostanziale pareggio» e aperto ad una soluzione condivisa.Adalberto Signore- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.