Cronache

Scoperto il meccanismo che provoca l'Alzheimer

Il test su 110 pazienti di due ricercatori italiani dell'Università di Sheffield, nel Regno Unito

Scoperto il meccanismo che provoca l'Alzheimer

Un anno fa, la pubblicazione su Nature Communication dello studio condotto in laboratorio dal gruppo di ricercatori Campus Biomedico-Irccs Santa Lucia di Roma, guidati da Marcello D'Amelio. Oggi, la conferma che arriva dal Centro di Ricerche biomediche dell'Università di Sheffield, con la pubblicazione sulla rivista scientifica Journal of Alzheimer's Disease dello studio sull'uomo - a firma italiana - che attraverso particolari scansioni con Risonanza magnetica a 3 tesla ribadisce che la perdita di cellule che producono dopamina può causare il malfunzionamento dell'ippocampo, parte del cervello deputata a creare i ricordi.

Un'area che quindi sarebbe in seconda battuta coinvolta nella malattia, la cui origine si troverebbe nell'area tegmentale ventrale. La scoperta ha in sé un potenziale rivoluzionario: il nuovo legame messo in evidenza a distanza di un anno dai due gruppi di ricerca, in Italia e in Gran Bretagna, tra la diminuzione della quantità di dopamina prodotta dalle cellule situate nella parte profonda del cervello e l'abilità di formare nuovi ricordi, potrebbe essere cruciale per riconoscere i primissimi segni della patologia di Alzheimer. Prima autrice dello studio è la professoressa Annalena Venneri, dello Sheffield Institute for Translational Neuroscience, che spiega: "La nostra scoperta indica che se una piccola area di cellule del cervello, chiamata area tegmentale-ventrale, non produce la corretta quantità di dopamina per l'ippocampo, quest'ultimo non funziona più in modo efficiente. L'ippocampo è associato con la formazione di nuovi ricordi, per questo tale scoperta è cruciale per la diagnosi precoce dell'Alzheimer. Il risultato mostra un cambiamento che scatta repentinamente e che può innescare la malattia. Questo è il primo studio al mondo che è riuscito a dimostrare questo collegamento negli esseri umani. Sono necessari ulteriori studi, ma questa scoperta può potenzialmente condurre a un nuovo modo di intendere gli screening per la popolazione anziana in caso di primissimi segnali di Alzheimer, cambiando la modalità in cui vengono acquisite e interpretate le scansioni diagnostiche del cervello e utilizzando differenti test per la memoria".

E ancora: "Un altro possibile beneficio di questa scoperta è che potrebbe portare a un'opzione di trattamento differente della malattia, con la possibilità di cambiarne o fermarne il corso molto precocemente, prima che si manifestino i principali sintomi.

Adesso vogliamo stabilire quanto precocemente possono essere osservate le alterazioni nell'area tegmentale-ventrale e verificare anche se queste alterazioni possono essere contrastate con trattamenti già disponibili".

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