La scuola con il Natale laico: "Qui nessuno è cresciuto con il presepe"

Viaggio nell'istituto triestino che non ha alcun riferimento religioso. La curia all'attacco: "È una follia laicista"

La scuola con il Natale laico: "Qui nessuno è cresciuto con il presepe"

Sentirselo dire non lascia indifferenti. Non può. Che in una scuola, la “Iqbal Masih” di Trieste, nessuno sia cresciuto con il presepe, fa una certa impressione. I simboli religiosi sono stati esclusi da tempo. “Qui nessuno ha tolto nulla - ha detto a ilGiornale.it il preside - Nessuno è cresciuto con l’identificazione tra scuola e presepe”.

Intervistiamo il dirigente Andrea Avon al telefono. La scuola che dirige è finita nell’occhio del ciclone con l’accusa di aver istituito il “Natale laico”. Vacanza sì, ma nessun richiamo al fondamento della festa: la natività di Gesù. (guarda qui il video)

“Non abbiamo mai usato quell'espressione - afferma - ma all’ingresso della scuola non c’è il presepe”. Su indicazione del consiglio d’istituto è stata scritta anni fa una Carta dei servizi in cui sono state fissare alcune regole. Tra le quali la norma secondo cui “non abbiamo nessun credo da proporre, né agnosticismi da privilegiare”. Tutte le pratiche confessionali devono avvenire fuori dalla scuola. E così anche il presepe finisce in soffitta.

L’istituto comprensivo istruisce bambini che vanno dalla scuola d’infanzia alle medie. Una scuola “laica”, ci tiene a precisare Avon. Anche se l’uomo cui è dedicata è un “martire” cristiano, di origini pachistane.

La decisione non è piaciuta, ovviamente, ad alcuni professori che hanno provato a rimettere il bue e l’asinello al loro posto. Inutilmente. Anche la curia di Trieste non è contenta. Monsignor Ettore Malnati, vicario per il laicato e la cultura, è molto chiaro quando parla delle scelte “laiciste” delle istituzioni scolastiche. “Si ostinano a rimuovere il presepe - dice a ilGiornale.it -: è una battaglia ideologica. E l’ideologia che esclude ogni altra razionalità culturale diventa una dittatura del pensiero unico”.

A detta del dirigente scolastico, il loro non è un natale laico. E’ un Natale che evita di esporre segni religiosi. I canti natalizi, anche cristiani, si fanno. Lo stesso vale per la messa di inizio anno. Ma il presepe no. “Non bisogna concentrarsi sul simbolo - afferma Avon - All’ingresso della scuola io posso avere la Costituzione. Siamo una scuola di Stato, quindi non abbiamo una religione di Stato”.

Laicismo o laicità? Difficile trovare le differenze. Ma ci sono. Essere “laico” non significa escludere la religiosità, soprattutto quella che ha forgiato la nostra cultura. “Accanirsi contro un bimbo - attacca Malnati - è l’accanirsi di Erode. Qui a Trieste il laicismo è cocciuto. Un laicismo aiutato dal buonismo. Chi ha paura di un bimbo? Erode. Non i Magi”. “Quello che conta - ribatte però Avon - è la pratica dei valori, non i simboli”.

Eppure l’uomo vive anche di immagini. Con esse si edifica un sentimento e si trasmettono i valori nel tempo. “Se il preside, come dice, insegna agli alunni gli aspetti della filantropia - continua monsignor Malnati - deve ammettere che queste cose la società laica le ha imparate dalla cultura cristiana. Un adagio latino dice unum facere et aliud non omittere. Perché se insegni i valori del presepe devi eliminarlo? La verità è che eliminando i segni si vuole togliere visibilità al messaggio”.

Alla fine, però, sui “Magi” sembrano prevalere gli “Erode”. Non si contano più sulle dita della mano i casi di istituzioni scolastiche che fanno a meno di Gesù bambino.

“Ma la rivoluzione mangia i suoi rivoluzionari - conclude sicuro don Malnati -. La Rivoluzione francese ha tagliato le teste della povera gente, ma le statue dei santi sono ritornate. Alla fine rimane sempre la croce di Cristo”.

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