Conciliazione: è questa la parola simbolo per le donne al lavoro. Madri, figli, lavoro, carriera, sacrifici. L’Italia non è la Germania dove i figli li fanno anche gli studenti universitari; una casa, l’asilo al campus, i sussidi dello stato. Qui è diverso. Ci vuole coraggio, egoismo forse. Un figlio limita, frena, crea problemi. Lo sa bene la Fornero che ha annunciato norme di contrasto «alla pratica barbara delle dimissioni in bianco per le donne». Da noi fa ancora scalpore vedere Licia Ronzulli al parlamento europeo che vota con la figlia in braccio. La sua bambina una bandiera per tutte le altre, a casa a scegliere.
Perché la maggior parte è costretta a farlo. Lo ammette anche Alexandra Shulman, direttrice di Vogue Inghilterra che riapre l’eterno dibattito: «la verità è che se ti prendi una pausa e fai figli, questa scelta in qualche modo danneggia la tua traiettoria personale. So che non dovrebbe essere così, che ci dovrebbe essere un modo, ma è molto difficile». Ecco la verità: la pausa pesa. A tutti; al datore di lavoro, a chi il congedo se lo prende. In bilico tra sensi di colpa, frustrazioni del vorrei ma non posso. E così secondo il Sunday Times le donne davanti al bivio hanno preferito la carriera e niente bambini. Per questo fa clamore se una giovane atleta come Federica Pellegrini dice: «non abortirei per le Olimpiadi». E fa impressione, a dimostrazione che un figlio in carriera non è poi così scontato. E non c’entra neppure il precariato.
Non se lo immaginava Stefania Boleso, manager affermata, responsabile marketing di Red Bull, di venir licenziata al ritorno da dieci mesi di congedo di maternità. «Durante la maternità ero sempre rimasta in contatto con l’azienda. Per dire, mia figlia doveva nascere il 25 dicembre e io il 18 ero a una riunione. Ho dato l’anima. Invece l’azienda non mi ha nemmeno messa alla prova. Come si sono sbagliati.
Io ci sarei riuscita a mettere insieme la famiglia con il lavoro. Avrei dato il sangue pur di farcela». Il tema della conciliazione è trasversale. Coinvolge operaie, dirigenti, attrici. Vanessa Incontrada ha parlato dei suoi sensi di colpa, a casa il bambino di un mese, il cuore che ti si spezza, le prove, lo spettacolo. Ma soprattutto i colleghi e la loro apatia. «È successo una domenica. Dovevo andare a Milano a fare le prove e, per la prima volta, la cosa mi pesava da morire.
Le donne colleghe poi non hanno mostrato alcuna solidarietà nei miei confronti quando sono diventata mamma. Nessuna comprensione o solidarietà». Nonostante le decine di studi su quanto siano meno depresse le donne che lavorano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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