"La Chiesa non è una democrazia", diceva nel 1990 l'allora cardinale Ratzinger: parole per molti versi in linea con l'interventismo che caratterizzava, allora ed in seguito, il magistero wojtyliano e che non ha smesso di contraddistinguere in seguito anche il pontificato di Benedetto XVI.
Due pontefici, il polacco e il tedesco, che hanno sempre interpretato la propria missione di adempimento del ministero petrino caricandosi per intero sulle spalle il peso delle responsabilità e rivendicando alla figura del sola papa gli oneri e le fatiche di scelte decisive per le sorti della Chiesa universale. Un modo di governare la barca di Pietro sicuramente autorevole, da molti spesso interpretato come decisionista.
Con l'elezione di Papa Bergoglio, nella primavera del 2013, molte cose sembravano destinate a cambiare. Sin dalla sera del 13 marzo, quando Francesco si affacciò alla Loggia delle Benedizioni in San Pietro chiedendo al popolo di "pregare per il papa" prima di impartire la benedizione, in molti ebbero la sensazione che nella Chiesa si stesse preparando una rivoluzione copernicana.
E, coerentemente con questo disegno, Francesco ha da subito manifestato l'intenzione di "democratizzare" almeno in parte il governo della Chiesa, auspicando maggiore collegialità nelle decisioni ed enfatizzando il ruolo delle assemblee dei vescovi rispetto all'assoluta primazia del ruolo del pontefice romano. Una scelta ribadita anche nel linguaggio, con quell'insistito richiamo a parlare di sè come vescovo di Roma più che non come Vicario di Cristo o Sommo Pontefice.
In questo senso sembravano andare la nomina di un consiglio di otto cardinali che lo affiancasse nella riforma della Curia. Nella medesima direzione pareva rivolta l'iniziativa, mediaticamente assai fortunata, di diffondere un questionario tra i fedeli di tutto il mondo per conoscere l'opinione del popolo di Dio sui temi morali. Era la prima volta che Roma affiancava alla lettura della Parola di Dio, per prendere le proprie decisioni, una consultazione a tutto campo dei propri fedeli. Chi sognava una Chiesa "democratica" poteva finalmente esultare.
Il tutto in previsione del Sinodo straordinario sulla famiglia che, avviatosi tra grandi speranze in autunno, ha riservato più di una sorpresa. In molti, anche e soprattutto al di fuori della Chiesa, si erano entusiasmati a immaginare aperture assai ardite su temi molto spinosi come il trattamento da riservare alle famiglie omosessuali o l'ammissione dei divorziati alla comunione.
Tuttavia era proprio quella collegialità tanto invocata dal papa argentino a bocciare i paragrafi più delicati dei documenti del Sinodo, quelli dedicati ai sacramenti ai divorziati e alla questione dell'omosessualità. Uno schiaffo al papa, si disse (forse esagerando): sta di fatto che Bergoglio elogiò la parresia, la franchezza della discussione, aggiungendo che si sarebbe molto sorpreso se non ci fossero state discussioni anche accese.
Adesso, in previsione del Sinodo ordinario del 2015, la Relatio Synodi andrà a costituire i Lineamenta per la XIV Assemblea Generale Straordinaria “sulla vocazione e la missione della famiglia”, prevista per l’ottobre dell’anno prossimo. Ad essa si va ad aggiungere un secondo questionario che sondi la ricezione del documento elaborato dai Padri lo scorso autunno.
Ma c’è un’avvertenza: nel documento preparatorio si chiede di “non annullare la svolta del Papa” sui temi legati alla famiglia. Insomma: Pedro, “con juicio”, ma adelante.
Non tutti, però, sono così entusiasti della svolta: tra l'altro, pochi giorni fa, in occasione dell’uscita del quarto volume della raccolta delle sue opere il papa emerito Ratzinger ha ribadito l’intangibilità della dottrina attuale in materia di indissolubilità del matrimonio e di ammissione ai sacramenti. Pur bollando come “assurde” le tesi di chi lo vuole contrapporre a Bergoglio, in molti hanno voluto leggervi una frenata rispetto alle aperture del pontefice argentino.
Al di là del papa emerito, tuttavia, vi sono molti padri sinodali ad esprimere perplessità non solo nel merito ma anche sul metodo della scelta “auspicata” da Bergoglio. A ottobre l’ala tradizionalista del Sinodo si era lamentata contro una presunta “censura” che indirizzasse i lavori dell’assemblea nella direzione voluta dal Pontefice. Il prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede, cardinale Muller, aveva criticato le note diffuse dalla Sala Stampa Vaticana, ritenute troppo generiche e poco significative degli sviluppi dei lavori.
Adesso che, per volere del Papa, tutti i documenti sono stati resi pubblici, ai Lineamenta si accompagna l’esortazione - caldeggiata probabilmente ancor più dagli ambienti progressisti che non dal papa stesso - a “non ripartire da zero”, per evitare che gli episcopati possano bocciare la linea decisa da Francesco.
Che, nonostante tutto, gode ancora e sempre dell’infallibilità ex cathedra. Con buona pace di chi sognava una Chiesa “orizzontale”, dove uno vale uno. Perché la Chiesa, ancora, non è una democrazia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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