Ha fatto bene Giorgia Meloni a lanciare un appello a tutte le forze politiche per ritrovare una posizione unitaria su temi sensibili come l'eversione e la mafia. Un'esigenza che Il Giornale aveva posto già qualche giorno fa. Del resto una classe politica degna di questo nome - a sinistra come a destra - non può che compattarsi contro fenomeni che in passato hanno tentato addirittura di sovvertire lo Stato. Per cui è paradossale, singolare, preoccupante che su questioni di simile portata si sia innestato un dibattito, per usare un eufemismo, a dir poco stravagante: da una parte l'accusa al Pd da parte di alcuni esponenti di Fratelli d'Italia di fare «il gioco dei mafiosi»; dall'altra la solita contro-replica agli uomini della Meloni, interpretata ieri addirittura da Enrico Letta e suonata sul solito leit-motiv «siete squadristi».
Si è messa in scena, insomma, una polemica insensata, masochista sia sul piano politico, sia su quello istituzionale. Soprattutto si è parlato dell'ormai famigerato 41 bis come se fosse altro. Come se fosse un'ulteriore aggravante della pena, come dire: l'ergastolo più il 41 bis, o trent'anni più il 41 bis. In realtà è uno strumento in mano alla magistratura, ripeto alla magistratura, per prevenire altri reati che condannati per mafia o terrorismo potrebbero provocare o favorire comunicando fuori dal carcere con potenziali complici. Quindi è solo il giudice che ha le informazioni e la perizia per valutare un rischio di questo tipo. Non si può, infatti, chiedere la grazia o una riduzione di pena che faccia venir meno il 41 bis per un detenuto, perché non si parla dei reati già commessi, ma di quelli che il detenuto sarebbe nelle condizioni di concorrere a commettere in futuro. Motivo per cui si parli di un terrorista o di un mafioso, si tratti di Cospito o di Tizio e Caio, la politica ha ben poco da dire sull'argomento, perché qualora dovesse decidere di togliere il detenuto dal regime di carcere duro contro il parere della magistratura, dovrebbe poi rispondere di eventuali atti criminali che discendessero da quella scelta. Qualcuno ha intenzione in Parlamento di assumersi questo rischio? Non credo.
C'è poi un ulteriore dato che si è aggiunto, tutt'altro che irrilevante, complici i tempi tecnici della magistratura (ragion per cui la riforma della giustizia è ancora più essenziale di ieri). Le minacce, gli attentati, la pressione che gli anarchici stanno esercitando hanno messo il caso Cospito in un vicolo cieco: la decisione politica di togliere ora il capo anarchico dal regime di 41 bis sarebbe interpretata come un cedimento dello Stato. Un atto di debolezza che in un momento così delicato, sul piano internazionale e interno, ripeto lo Stato - non il governo, la maggioranza o l'opposizione - non si può permettere.
Ecco perché sarebbe stato meglio, molto meglio, chiudere questa polemica non oggi, ma ieri.
Una polemica, appunto, insensata, che rischia solo di dividere il Parlamento, far venir meno il riconoscimento reciproco tra maggioranza e opossizioni e delegittimare le istituzioni. In fondo il sogno di ogni anarchico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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