
In politica problemi complessi, sulla carta rompicapo impossibili, possono essere risolti con un pizzico di fantasia. Nel regno del compromesso e dell'arte del possibile, si può arrivare alla quadratura del cerchio che in geometria invece è un'eresia. Specie se l'interlocutore del momento, in questo caso Ursula von der Leyen, è disposta a giocare di sponda con Giorgia Meloni. Perché come spesso avviene in politica, a volte i rapporti personali contano più degli steccati ideologici.
Cosa conta per il premier italiano? Avere negli equilibri della Commissione europea un ruolo forte, che garantisca il Paese in partite importanti come il bilancio e in dossier essenziali come la gestione del Pnrr. Cosa importa alla candidata alla presidenza della Commissione? Una maggioranza stabile nel voto al Parlamento di Strasburgo, che non la faccia sfigurare rispetto a quell'80% che ha confermato Roberta Metsola alla guida dell'assemblea.
Quali sono gli assilli? La Meloni deve salvaguardare il più possibile identità e unità del gruppo dei Conservatori, esposti a destra alla polemica dei cosiddetti Patrioti finiti nel limbo di chi la spara grossa per non contare un tubo. Per non parlare dell'incognita Trump. La von der Leyen deve stare attenta a non avvicinarsi troppo alla premier italiana, per evitare a sinistra la reazione di socialisti e macroniani che - rimuovendo la tragedia ucraina - si divertono ad erigere muri che dividono la Ue.
Su questi elementi bisogna costruire l'equilibrio possibile da cui dovrebbe scaturire la decisione se votare a favore, contro o astenersi sulla von der Leyen degli uomini della Meloni nel Parlamento Ue. Dagli echi che da Palazzo Chigi arrivano a Strasburgo per rimbalzare fino a Montecitorio, si comprende che l'ipotesi più improbabile è l'astensione. Spiega il capogruppo dei deputati Tommaso Foti: «È l'ipotesi meno sensata perché a Strasburgo l'astensione è voto contrario, eppoi ci conterebbero. Semmai si può salvaguardare l'unità del gruppo e chi vuole vota a favore nel segreto dell'urna. L'importante è il ruolo che verrà dato all'Italia. Un vicepresidente magari con la delega al Pnrr, che potrebbe essere strategica per tutta la legislatura europea».
Esclusa l'astensione, restano in ballo il voto a favore e quello contrario. Il primo sarebbe una «svolta», ma renderebbe evidente la divisione tra i conservatori ed esporrebbe la von der Leyen ai franchi tiratori sul versante sinistro. «Se però dobbiamo dire sì, allora facciamolo pubblicamente - osserva sul piano ideale Carlo Fidanza, uno degli emissari meloniani a Strasburgo -, sarebbe più in linea con l'immagine di Giorgia. Altrimenti, e al momento è la cosa più probabile, votiamo contro».
Solo che in questa partita la vera posta in gioco, come non mai, è l'interesse nazionale. È quello che ripetono gli esponenti di governo che tifano per un'intesa con la von der Leyen, pubblica o segreta poco importa: da Raffaele Fitto (candidato per la Commissione) a Guido Crosetto, ad Alfredo Mantovano. O chi nella maggioranza guarda con maggiore attenzione all'Europa come Forza Italia. «Se non abbiamo una posizione forte in Commissione - confida il capogruppo di Forza Italia, Paolo Barelli - con quello che ci sta venendo addosso e con questa congiuntura economica noi siamo morti. Per cui Giorgia deve raggiungere un accordo, plateale o segreto non ha importanza, con Ursula».
Appunto, vale anche «un'intesa non detta» con il presidente della Commissione, un voto a favore «senza essere contati», per citare Foti, che garantisca all'Italia un ruolo importante.
Sarebbe la soluzione che condenserebbe tutte le intuizioni della Meloni di governo, dal «pragmatismo», alla difesa dell'identità, alla salvaguardia dell'interesse nazionale. Sarebbe un «famolo strano» - per citare Carlo Verdone - che garantirebbe la quadratura del cerchio e renderebbe ridicoli quelli che ancora sperano o puntano sull'isolamento italiano.
purtroppo c'è chi non lo ha capito
Allora si, che bello !
Siamo d'accordo: il pacchetto é consono agli interessi dei protagonisti delle istituzioni, non a quelli della UE. Però mi "consenta" di dire che troppi giornalisti, commentatori e media campano spalleggiando i protagonisti istituzionali. Quando Trump scaricherà l'Ucraina dicendo é roba dell'Europa, come faranno i politici e i loro fiancheggiatori a cambiare verso al loro atlantismo? Saranno gli stessi di ora, come la nuova commissione sostenuta da quelli che hanno provocato tanti "disastri" per mancanza di pragmatismo.
Siamo entrati nel condominio UE e non abbiamo i numeri per governare. Cercherà al massimo di limitare i danni che il nostro paese subirà dalle politiche UE antagoniste al partito dei conservatori.
Tanto vale fare una dura opposizione insieme all'altra destra (quella vera) con ogni mezzo necessario.
e' quello che penso anche io
si ma per i sinistrati sarebbe l'ultimo giro di valzer
Peggio che con governo PD.
dovrebbe essere una questione di dignità !!! ma questa è stata persa da quando è passata all'agenda Draghi
Forse conta sul fatto che, questo stesso elettorato, che l'ha votata aspettandosi un netto cambiamento in Europa, ha la memoria corta e accetterà posizioni opposte a quelle per cui aveva dato mandato alla dx alle elezioni europee.
Molti politici italiani sono sopravvissuti con questa strategia.