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Tagliata fuori da Usa e Londra, Europa ridotta a un mercatino

America first non è uno slogan. È una visione del mondo. Può piacere o non piacere, ma una cosa è certa: la subiamo

Tagliata fuori da Usa e Londra, Europa ridotta a un mercatino

C'era una volta un mercato unico, senza barriere, senza muri, senza dazi, con l'idea che il commercio avvicina le genti e le fa più ricche, se tu vendi e io compro, e viceversa, è più facile riconoscersi e rivelarsi. Non più guerre. Non più sangue. Sfide, magari, sul mercato, con la scommessa che alla fine tutti, i più intraprendenti e i più lenti, saremmo stati meglio. Questo era il sogno e si chiamava Europa.

Qualcosa, a quanto pare, è andato storto. Forse perché a un certo punto ci siamo più preoccupati di fare regolamenti che liberi scambi. Invece di piallare gli ostacoli, l'Europa si è incarnata nel demone del demiurgo, con l'ossessione di incasellare ogni cosa, di dare un nome, una cifra, un protocollo a qualsiasi cosa. È la dannazione delle utopie. Controllo quindi sono. Il controllo è potere e la burocrazia è il suo profeta. Fatto sta che, per questo e altri motivi, l'Europa si è gonfiata, si è allargata, ma allo stesso tempo ha perso peso specifico. Non solo non è tornata centrale come ai tempi della Belle époque, prima del doppio suicidio delle due guerre mondiali, ma si è ritrovata sempre più periferica come una giacca stinta tra Est e Ovest, tra Russia, Cina e America.

Adesso, mentre gli anni '10 del secondo millennio già scivolano in discesa, ci si ritrova con la Gran Bretagna fuori e gli Stati Uniti di mister Donald Trump stanchi di pagare tutti i costi dell'impero. America first non è uno slogan. È una visione del mondo. Può piacere o non piacere, ma una cosa è certa: la subiamo.

Allora ci tocca fare i conti con una realtà spiacevole. Il mercato europeo muta il proprio orizzonte. È un mercatino. È, se lo guardi con una prospettiva globale, come una di quelle fiere che si fregiano di un nome glorioso ma che con il passare degli anni si sono immiserite, svuotate, fino ad apparire per quello che sono, cioè un mercatino rionale, dove ci si passa per nostalgia. Se il mercato è un mercatino, i primi a sparire sono i lavoratori. Le esportazioni italiane verso i Paesi extra Ue sostengono oltre 2 milioni e 700mila posti di lavoro in Italia. Altri 402mila italiani lavorano nell'indotto. Il mercatino vale una guerra persa.

Questa è un'immagine pessimista, il rischio però è reale. Ora l'Europa può accartocciarsi su se stessa e rispondere alla Brexit e a Trump con la stessa moneta. Può continuare a sentirsi viva contando la misura dei fagioli. Oppure può rilanciare la scommessa iniziale, esplorare nuovi mercati e affrontare le trattative con il Regno Unito nel modo più amichevole e ridurre le proprie barriere in settori ancora troppo protetti come, ad esempio, quello agricolo. È chiaro che l'istinto, le lobby e le volontà di potenza di alcuni governi spingeranno dalla parte opposta. Ma poi resta la domanda centrale.

L'Europa cos'è? È un Super Stato con mercatino rionale o un mercato dai grandi orizzonti, una visione del mondo e una democrazia? È da questa risposta che passa il futuro.

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