Torna il dialogo, mancano i dettagli

I volti dei sette leader europei che avevano accompagnato Zelensky alla Casa Bianca, quasi a stendere un cordone di sicurezza intorno a lui, non sembravano, al momento della foto ufficiale, particolarmente allegri

Torna il dialogo, mancano i dettagli

Nel mondo post-americano, come l'ha chiamato la rivista Foreign Affairs, può capitare che il mondo si ritrovi in pellegrinaggio a Washington. Non per riunirsi intorno a un leader. Ma per sapere se un leader c'è.

La politica statunitense nelle mani di Donald Trump porta il suo marchio: il trionfo del personalismo e dell'istinto tattico. Al vertice di Anchorage ha srotolato un tappeto rosso di fronte a Vladimir Putin, la sessione di colloqui dedicata ai dettagli di un possibile accordo non si è nemmeno tenuta. Ma prima o poi bisogna fare i conti con i fatti e i fatti, si sa, sono ostinati. Che tipo di pace vuole la Casa Bianca? Che tipo di garanzie è disposta a negoziare per l'Ucraina e insieme a lei per l'Europa?

A questo doveva rispondere il vertice di ieri. Volodymyr Zelensky si è presentato con l'abito buono e la lezione dell'ultimo incontro nello Studio Ovale stampata in mente. Ha parlato poco, ringraziato molto, non ha mosso un muscolo nemmeno quando Trump ha ricordato la volontà di Putin di fare la pace (quest'ultimo, a mo' di conferma, aveva continuato a bombardare nella notte i civili ucraini).

Nella breve conferenza stampa con Zelensky le questioni chiave, i "dettagli" su cui bisogna trovare l'accordo non sono stati citati e tutto fa pensare che anche nella parte privata del vertice le distanze siano rimaste ampie. Cessate il fuoco o accordo di pace complessivo, cessione di territori, le già citate garanzie: tutto resta avvolto nella nebbia. Difficile disegnare i contorni di un'intesa così complessa di fronte alla stampa. Ma nemmeno la diplomazia segreta può mettere d'accordo gli opposti. Le richieste di Putin, che sono poi quelle avanzate da sempre, ripetute durante il vertice in Alaska e a cui Trump è sembrato inopinatamente accodarsi, non sembrano una piattaforma concretamente produttiva di possibili risultati. Almeno dal punto di vista dell'Ucraina e dell'Europa. Perché il punto di vista americano potrebbe ormai essere lontano da quello del Vecchio Continente e diverso anche da quello che ha caratterizzato da sempre il Paese leader dell'alleanza occidentale. Oggi cosa interessa davvero a Trump? Riavviare dopo tanto tempo una partnership con l'ex nemico della Guerra Fredda, per fare affari e muoversi con più agio contro quello che è percepito come il grande avversario del futuro, la Cina? Oppure perdere tempo, soldi e occasioni sacrificandosi per le beghe di un angolo di mondo quasi marginale, di un Paese che nell'ottica "darwiniana" espressa da un funzionario Usa alla stampa è "più debole" del vicino e quindi deve rassegnarsi a "fare delle concessioni"? Il dubbio rimane.

I volti dei sette leader europei che avevano accompagnato Zelensky alla Casa Bianca, quasi a stendere un cordone di sicurezza intorno a lui, non sembravano, al momento della foto ufficiale, particolarmente allegri. Succede di rado nei vertici formali, dove nel protocollo è compresa la giusta dose di finzione. La partita, e cioè l'incontro collettivo con il presidente Usa, era ancora da giocare e tutti sembravano sentire l'importanza della giornata e della posta in palio. È sicuro che, dopo le brevi dichiarazioni ufficiali, una volta chiusa la porta alle telecamere, i toni siano stati meno sorvegliati, molto probabilmente più duri del solito.

Eppure, nonostante le tensioni e le diversità, l'immagine che resta è quella di un tavolo attorno al quale si è accesa una discussione. Il confronto (e il clima di cordialità: formale, ma sia pure cordialità) resteranno nella cronaca della giornata. Zelensky ha evitato gli errori di febbraio e il fatto di aver concentrato la discussione su temi come le garanzie di sicurezza, lasciando da parte per esempio il tema dello scambio di territori, ha depotenziato le tensioni. E ha consentito di proseguire dando via libera alla proposta americana orientata allo schema del vertice trilaterale (Russia, Ucraina, Usa) voluto da Trump. Perché se l'alleanza occidentale sembra aver retto a una prova impegnativa, il più è ancora da fare.

Per prima cosa trovare una soluzione che convinca l'avversario vero: Putin. In quasi quattro anni di guerra, passando, da una situazione di assoluta superiorità a un lungo stallo, non ha mai cambiato di un millimetro le proprie posizioni negoziali.

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