Cronache

Torture e orecchie mozzate: l'orrore del clan dei pusher marocchini

Il clan dei marocchini dedito allo spaccio di droga che spadroneggia nei boschi del Varesotto. Punizioni e torture "esemplari" ai traditori. L'allarme: "Violenza sempre più preoccupante"

I carabinieri di Signa (foto di repertorio)
I carabinieri di Signa (foto di repertorio)

Marocchini irregolari, armati: revolver, kalashnikov e machete. Comandano loro nei boschi del Varesotto. Gestiscono le nuove piazze di spaccio in Valcuvia, un tempo meta gettonatissima di turisti e trekker, riducendo in schiavitù pusher e tossicodipendenti. Non solo connazionali ma anche italiani ai servigi dei "boss" nordafricani. E chi "sgarra" paga: minacce, pestaggi e torture bestiali. Un'inversione di tendenza che, fino a qualche anno fa, sarebbe stata inimmaginabile. Sono decine, e forse anche più, le grotte e gli anfratti colonizzati da quella che è già passata in rassegna alla cronache come la "Cupola della droga". "È così da anni. Notiamo l'incremento della violenza, che alza anche il livello di pericolosità di questa gente", spiega il capitano Alessandro Volpini, comandante della Compagnia dei carabinieri di Luino (Varese) al quotidiano La Nazione.

La "Cupola della droga"

Un'organizzazione criminale con una gerarchia ben definita: al vertice c'è un "capo area" poi un "luogotente" che controlla la zona presidiata dai pusher. Infine, ci sono i "sottomessi": tossicodipendenti e sbandati che assecondano le volontà dei boss marocchini in cambio dello stupefacente. Criminali stranieri sotto mentite spoglie di feroci aguzzini: le punizioni corporali rientrano nella gestione ordinaria degli affari e dei "galoppini". Due gli episodi emersi negli ultimi mesi. Il primo ha coinvolto un 25enne marocchino: è stato legato ad un albero e frustato per sette ore di fila. I "capi" gli hanno spezzato le braccia e amputato un orecchio, lo hanno salvato i carabinieri. Addosso aveva ancora i segni delle frustate. "Questo - spiega il capitano dei carabinieri alla giornalista Marianna Vazzana de La Nazione - per dirgli alla loro maniera di 'ascoltare gli ordini del capo". Stessa, drammatica sorte è toccata a un 40enne italiano, rimasto sospeso al ramo di un albero per 3 ore dopo essere stato percosso e minacciato con un'arma da fuoco: è vivo per miracolo.

Gli arresti

I due episodi hanno permesso ai carabinieri di risalire all'identità dei "boss" marocchini. I tre nordafricani sono finiti in manette nella notte tra venerdì e sabato della scorsa settimana: li hanno rintracciati a Parona, in provincia di Pavia, sede del loro quartier generale. Dovranno rispondere dei reati di tentato omicidio, tentata estorsione, detenzione ai fini dello spaccio di droga e tortura. E non è escluso che siano coinvolti anche altri connazionali. Secondo quanto emerso dalle indagini, ci sarebbero svariati clan di stranieri a contendersi il territorio. Lo scorso 19 febbraio, nell'area boschiva tra Laveno e Leggiuno, si è consumato un regolamento di conti tra due fazioni antagoniste. I carabinieri hanno ritrovato a terra 47 bossoli calibro 12, fortunamente senza nessun ferito. "Si spartiscono il territorio. L'azione di contrasto è importante", dice Volpini. L'intervento dei militari dell'Arma è stato deciso ma pusher e aguzzini non sono spariti.

Potrebbero nascondersi ancora lì, tra quei 52mila ettari boschivi e saltare fuori da un momento all'altro.

Commenti