Coronavirus

Hanno ucciso le nostre vacanze (E non è solo colpa del Covid)

Il turismo è uno dei settori maggiormente colpiti dagli effeti del coroavirus. Gli agenti che operano in questo ramo chiedono agevolazioni fiscali per la riapertura ma dal governo nessuna risposta chiara

Hanno ucciso le nostre vacanze (E non è solo colpa del Covid)

La bella stagione è sempre più vicina e a farcelo notare, oltre al mese di maggio ormai avviato, sono le alte temperature registrate in questi ultimi giorni. Tutto fa pensare alla voglia di mare e di vacanze in destinazioni da invidia se non fosse per le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria. E già, la pandemia dovuta al coronavirus quest’anno cambierà le abitudini estive degli italiani e non solo. Dal nord a sud Italia, tutti pensano a come programmare l’estate dopo due mesi di restrizioni ma, certamente, nei limiti del possibile.

Nessun viaggio, nessuna partenza se non nella casa di villeggiatura di proprietà e qualche passeggiata al mare per chi ha questa fortuna . Ed è proprio il tema viaggi che, in piena emergenza sanitaria, è stato oggetto di numerose polemiche da parte degli italiani. Motivo? Chi prima della pandemia ha prenotato le tanto attese vacanze rivolgendosi alle agenzie, ha anche versato le somme necessarie o almeno l’anticipo per consentire l’espletamento dell’operazione agli agenti del turismo. Con l’esplosione dei contagi tutto si è fermato, vacanze comprese, ed allora tutti gli “aspiranti” vacanzieri hanno chiesto il rimborso delle somme versate. La richiesta è stata accolta in un primo momento, poi non è stato più possibile.

Al posto dei contanti, a titolo di rimborso sono stati consegnati dei voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione. Dunque con questa modalità il viaggio è stato solamente posticipato. Il provvedimento del voucher non è stato gradito dagli interessati i quali hanno protestato per avere indietro i propri soldi. La preoccupazione è dovuta al fatto che in molti hanno perso il lavoro e anche con un viaggio già pagato in anticipo, non saranno in grado di andare in vacanza perché privi di altra liquidità. Ma il problema che si è venuto a creare in merito a questa situazione una motivazione ce l’ha: “La difficoltà delle agenzie di viaggio è oggettiva”.

A spiegarcelo è Gaetano Pendolino, gestore di un’agenzia di viaggi in Sicilia. “Non tutte le compagnie aeree e gli alberghi dove è stato prenotato il servizio-afferma Pendolino- hanno restituito il denaro. In un primo momento lo hanno fatto, poi non più. Di conseguenza è stato complicato riuscire a riconsegnare le somme che sono state quindi sostituite coi voucher. L’agenzia di viaggio se non riceve indietro il denaro come fa a restituirli al cliente? L’agenzia di viaggio è solo un tramite, un intermediario fra gli utenti e le compagnie turistiche e quello che guadagna è solo una percentuale sulla commissione. È sbagliata l’idea di scaricare la responsabilità sulle agenzie”.

Che ne sarà dunque delle agenzie di viaggio nei prossimi mesi? Una domanda da un milione di dollari alla quale nel frattempo ci ha risposto il componente della giunta nazionale della Fiavet Giuseppe Ciminnisi:“Dire che siamo pronti all’apertura equivale al falso, siamo impossibilitati ad aprire”. Parole forti che al momento gelano ogni buona speranza.

Secondo quanto spiegatoci da Giuseppe Ciminnisi fra i vari problemi vi è anche quello dovuto alla mancanza di personale che adesso bisogna fare rientrare a lavoro all’interno delle agenzie. “Abbiamo avuto la cassa integrazione per loro- ci dice il componente della Fiavet-forse ci sarà una proroga per altri nove mesi e questo sarebbe utile. Ma le agenzie a conduzione familiare hanno bisogno di altri aiuti come le agevolazioni sulle tasse. In generale poi-prosegue Ciminnisi- ci vogliono anche delle agevolazioni a fondo perduto. Necessita un’esenzione dai contributi che ci consenta di aprire almeno a luglio con una riduzione del costo del lavoro. La situazione è drammatica e ancora non abbiamo ricevuto risposte chiare da parte del governo e così rischiamo di rimanere in ginocchio”.

Il sentore, avvertito profondamente dagli operatori del settore, è che il turismo rischia di morire in Italia e non per colpa del coronavirus. Assenza di strategie a lungo termine, ma anche mancati richiami a precise disposizioni volte a far sopravvivere agenzie ed imprese nel breve periodo, potrebbero portare al collasso del settore.

E questo si tradurrebbe in miliardi di Euro mandati in fumo: il turismo in Italia, secondo i dati relativi al 2019, ha mosso qualcosa come 150 miliardi di Euro, pari al 15% dell’intero Pil nazionale. Se il settore dovesse rimanere fermo al palo, nel nostro Paese ci sarebbero migliaia di posti di lavoro persi per sempre. Non solo gli operatori delle agenzie di viaggio, ma anche coloro che sono impegnati nel settore della ristorazione, in quello alberghiero ed in tutta la filiera che in alcuni territori regge letteralmente l’economia.

Il danno dunque sarebbe irreparabile, con elevati costi sociali che andrebbero ad aggiungersi a quelli economici. E la pandemia non può essere considerata come unica causa di un eventuale disastro. Da più parti molte voci richiamano il governo alla responsabilità: “Non c’è più tempo da perdere – ha dichiarato Francesco Picarella, presidente di Confcommercio Sicilia – bisogna riaprire subito in sicurezza e sostenere le imprese per sopperire ai mancati introiti attraversi la liquidità per le nostre aziende, la cassa integrazione per i nostri collaboratori e un fondo perduto per la ripartenza e la riapertura”.

Così come già descritto nei giorni scorsi, la Sicilia potrebbe rappresentare un esempio di quello che andrebbe a significare l’assenza di una precisa strategia di ripartenza del settore turistico. Qui diversi territori hanno trovato in questa filiera l’unico ramo in grado di mandare avanti le già di per sé fragili economie: “Ora basta, chiediamo dignità per noi e per i nostri collaboratori”, ha ancora tuonato infatti Picarella.

Ma come per la Sicilia, analoghi problemi potrebbero essere riscontrati anche per altre regioni del nostro Paese: dal Veneto all’Emilia Romagna, dalla Liguria al Lazio, passando per Sardegna, Puglia e Campania, sono diverse le zone lungo tutto lo stivale che potrebbero avere gravi conseguenze dalla piega drammatica che potrebbe assumere la crisi del turismo.

E, come detto in precedenza, la colpa potrebbe non ricadere per intero sul coronavirus. Esistono delle precise responsabilità anche di natura politica, derivanti soprattutto dall’assenza di programmi chiari e di una linea ben precisa da tenere in vista della ripartenza.

Tutto sembra lasciato in balia degli eventi, senza alcune indicazioni in grado di dare a tutte le imprese del settore precisi riferimenti per tornare a lavorare.

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