Sono oltre 7mila i super ricchi stranieri che dal 2017 hanno trasferito in Italia la propria residenza, attratti dal regime di favore introdotto dal governo Renzi per i cosiddetti "resident non domiciled", importando ciò che era già presente in altri Paesi europei, quali ad esempio dal 2008 il Regno Unito. Sul punto, tuttavia, il messaggio che passa sui media è che l'Italia attrae dall'estero persone molto facoltose offrendo loro una tassazione irrisoria di soli 200mila euro l'anno (in passato 100mila mentre la manovra in discussione in Senato ne prevede l'elevazione a 300mila euro) sul loro reddito complessivo.
L'informazione così fatta distorce la vera portata della norma di riferimento, volta a rendere l'Italia un Paese attrattivo non soltanto per il territorio, il clima, la cucina, l'arte e la cultura, ma anche per la relativa fiscalità. Trattandosi di un tema che tocca la sensibilità di tutti è forse opportuno chiarire la portata della norma agevolativa. Disciplinata dall'articolo 24-bis del Tuir, la disposizione prevede che i soggetti che non sono stati residenti in Italia per almeno nove degli ultimi dieci anni e che trasferiscono in Italia la propria residenza effettiva possono richiedere all'Agenzia delle Entrate l'applicazione di un regime di tassazione agevolata dei soli redditi prodotti all'estero con una imposta sostitutiva Irpef, attualmente di 200mila euro. La tassazione sostitutiva, quindi, non riguarda i redditi prodotti in Italia per i quali continuano ad applicarsi le ordinarie regole di tassazione progressiva, con l'aliquota del 43% (oltre il 2% circa per addizionali Irpef comunali e regionali) e così per il 45% del reddito oltre 50mila euro.
In sintesi, il regime dei "resident non domiciled" prevede per i cosiddetti Paperoni stranieri una tassazione normale dei redditi italiani e una tassazione a forfait per i soli redditi esteri. La regola ordinaria prevede invece che i soggetti residenti di uno Stato sono obbligati a pagare le imposte sul reddito mondiale ("reddito ovunque prodotto"). Corollario di tale principio è che, normalmente, le imposte pagate all'estero sui redditi esteri vengono scomputate dalle imposte dovute sui redditi esteri in Italia per eliminare la doppia imposizione.
Circa il regime dei "resident non domiciled", rende bene l'idea il caso di Cristiano Ronaldo che all'epoca aveva pattuito con la Juventus un ingaggio netto di 31 milioni di euro all'anno. Ciò è tipico per le remunerazioni dei calciatori, tant'è che le società calcistiche sostengono un costo lordo pari a quello che al netto delle imposte conduce all'ingaggio pattuito; nel caso di Ronaldo, infatti, la Juventus appostava nel proprio bilancio 54 milioni di euro all'anno. Pertanto Ronaldo, quale "lavoratore dipendente" proveniente dall'estero e acquisita la residenza in Italia, aveva optato per il regime dei "resident non domiciled" assolvendo l'Irpef sul reddito italiano per 23 milioni all'anno (Irpef dovuta sui 54 milioni lordi di ingaggio); per converso solamente sui redditi esteri (e non quindi sul reddito italiano) Ronaldo ha assolto in Italia la tassazione con il pagamento dei 100mila euro all'anno. Di fatto il calciatore portoghese, che probabilmente non sarebbe venuto in Italia preferendo altri Paesi a fiscalità agevolata, quando era alla Juventus è stato uno dei maggiori contribuenti italiani dal momento che l'Erario ha incassato oltre 60 milioni per i tre anni in cui ha giocato in Italia. Con ciò rendendo evidente quanto sia erronea e distorsiva la comunicazione secondo la quale CR7 ha pagato in Italia le imposte per soli 100mila euro l'anno.
Va infine segnalato che il regime dei "resident non domiciled" è stato di recente abrogato nel Regno Unito e l'Italia oggi è forse il Paese più gettonato dai super ricchi ivi residenti, soggetti liberi in cerca di lidi fiscalmente attrattivi.
Il fatto non merita ulteriori considerazioni, salva la consapevolezza che, in mancanza del regime attrattivo dei "resident non domiciled" italiano, i Paperoni in giro per il mondo non si trasferirebbero stabilmente in Italia con ovvie ripercussioni non positive per l'economia del Paese e di conseguenza anche per le casse dell'Erario.*Adjunct Professor Gsom al Politecnico di Milano