Cronache

Tutto quello che ancora non torna sulla morte di David Rossi

Sono tanti, troppi i lati oscuri dietro la morte del responsabile della comunicazione di Mps, morto dopo la caduta dalla finestra del suo studio, a Siena, la sera del 6 marzo 2013. La commissione parlamentare d'inchiesta è impegnata per far emergere la verità

Tutto quello che ancora non torna sulla morte di David Rossi

La scena finale di quel volo dalla finestra l'abbiamo vista e rivista tante volte. Eppure fa sempre impressione. David Rossi non morì sul colpo quella sera del 6 marzo 2013. Rimase disteso sul selciato, immobile e agonizzante, per ventidue minuti. Sulla sua morte sono state fatte due inchieste, entrambe archiviate dalla procura di Siena. Ma i misteri e i lati oscuri erano tanti, troppi, al punto che è nata una commissione parlamentare d'inchiesta, con gli stessi poteri degli organi inquirenti. Proprio sulla base delle nuove indagini avviate dalla commissione martedì prossimo sarà effettuato un test molto importante da parte dei carabinieri dei Ris: utilizzando la tecnologia 3D verrà simulata la caduta dalla finestra dell'ufficio, per ricostruire la dinamica e fare luce sulle stranezze di quel tragico volo che costò la vita al capo della comunicazione di Mps.

Essenziale anche lo studio attento dei tre video e delle 61 fotografie realizzate nello studio di Rossi che non figurano, però, agli atti delle inchieste. Prima di tutto si dovrà capire per quale motivo non fossero agli atti? Chi e perché lo ha deciso? O è stata una svista? Ovviamente si deve prima capire se siano immagini importanti o meno. Nel senso che se, per ipotesi, fossero 61 foto tutte uguali, o quasi, la loro importanza sarebbe relativa. I video furono girati a mezzanotte, dopo l'arrivo della Scientifica nella stanza: differirebbero, in modo sostanziale, dalle immagini girate nell'immediatezza dei fatti dal sovrintendente Livio Marini. Questa differenza aggraverebbe la posizione dei magistrati.

C'è poi un altro dettaglio importante, la testimonianza del colonnello dei carabinieri Pasquale Aglieco. Le sue parole, inutile nasconderlo, fanno venire il sospetto che possa esserci stato qualcuno che ha voluto depistare o comunque inquinare le prove, quando i tecnici della Scientifica ancora non erano arrivati sul posto. Lo stesso Aglieco infatti davanti alla commissione parlamentare ha raccontato che il pm Antonino Nastasi si mise a sedere sulla sedia di Rossi, spostò la giacca dell'uomo che giaceva sul selciato, prese una penna e toccò il mouse, rovesciando poi sulla scrivania il cestino dei rifiuti in cui su trovavano tre bigliettini scritti a mano da Rossi e sette fazzoletti di carta macchiati di sangue. Poi la finestra dell'ufficio venne chiusa (Aglieco non ricorda da chi). Al momento nessuno ha mai confermato questi fatti, né le forze dell'ordine né i magistrati. Il mistero, dunque, resta fitto. In attesa di stabilire se i fatti rivelati dal colonnello abbiano riscontro o meno, c'è da dire che se vi fossero conferme quelli descritti dall'ufficiale dell'Arma sarebbero comportamenti inqualificabili. Sorge però una domanda: perché Aglieco non li ha mai raccontati prima?

Un altro dettaglio inquietante: le telefonate che arrivarono sul cellulare di Rossi quando lui era già morto. A chiamare furono un giornalista de La Nazione, che conosceva Rossi, e l'onorevole Santanchè. Secondo il racconto di Aglieco il pm Nastasi avrebbe risposto alla chiamata della parlamentare. Santanché conferma dicendo che "qualcuno sollevò l'apparecchio, era in ascolto ma non rispose". Il pm dice che non è vero, non ha risposto. Sono trentotto secondi di comunicazione, come risulta dai tabulati telefonici. Nastasi sostiene che gli squilli andarono a vuoto. I tabulati, però, dovrebbero distinguere se qualcuno abbia risposto o meno alla chiamata in ingresso. Ci sarebbe anche una seconda chiamata misteriosa, ma secondo Tim sarebbe relativa ad una ricarica telefonica per Carolina Orlandi, figlia della moglie di Rossi, che aveva esaurito il suo traffico telefonico.

Tra mille lati oscuri c'è una certezza, ormai assodata. Le indagini iniziali furono fatte male. Non è possibile, infatti, che le immagini delle telecamere presenti in zona non siano state tutte acquisite. Così come non è possibile che i fazzolettini sporchi di sangue siano stati distrutti. Di chi era quel sangue? La seconda inchiesta della procura di Siena, fu attenta ai dettagli, non ha trovato niente di nuovo, affermando che le negligenze della prima, che ci furono, non risultarono tuttavia determinanti.

Interessante rilevare che la mental coach che collaborava con Mps, Carla Ciani, una delle ultime persone che parlò con Rossi, sentita dai pm avrebbe detto che il manager era molto turbato e per certi versi confuso. Ma la sua testimonianza davanti alla commissione parlamentare appare molto diversa: la psicologa, infatti, ha detto che non ebbe la percezione che Rossi volesse suicidarsi. Sono due versioni molto distanti. Può anche essere che il ricordo di alcuni anni fa sia mutato, ma è possibile che sia cambiato così tanto?

Si è parlato tanto dei presunti festini a luci rosse, che sarebbero avvenuti a Siena e dintorni, a cui avrebbero partecipato personalità influenti della città e che, per qualcuno, potrebbero essere legati, in qualche modo, alla morte di Rossi. Il primo a far riferimento a questa cosa fu l'ex sindaco di Siena, Pierluigi Piccini. Poi il programma Le Iene (Italia 1), scavò a fondo sulla vicenda, andando a intervistare un escort che avrebbe raccontato di aver preso parte ad alcune di queste feste. Curiosità: l'uomo avrebbe riconosciuto, tra le persone presenti ai festini, il colonnello dei carabinieri Aglieco. Ma poi, di fronte alle verifiche della procura, si è contraddetto, mostrandosi non particolarmente utile alle indagini, senza portare alcun riscontro oggettivo. La procura di Genova ha dovuto prendere atto che, al momento, non vi sono riscontri sulla pista dei festini.

Un elemento oggettivo è quello dei segni sul cadavere del corpo di David Rossi? Sono davvero compatibili con la caduta (all'indietro) dalla finestra? La sua famiglia è convinta di no. E qualcuno sospetta che l'uomo possa essere stato aggredito, quando era nel suo ufficio, sbattuto contro una porta (o altro) e poi, in un secondo momento, gettato dalla finestra.

Mancano le prove ma le stranezze (anche per quanto riguarda le ferite riscontrate nell'autopsia) ci sono e non sembrano poche.

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