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Ue senza Merkel e con più Draghi

A Bruxelles si è formalmente aperto il dopo Merkel. La donna che ha fatto non solo la storia della Germania ma anche dell'Europa moderna, ha infatti partecipato al suo penultimo Consiglio Ue.

Ue senza Merkel e con più Draghi

A Bruxelles si è formalmente aperto il dopo Merkel. La donna che ha fatto non solo la storia della Germania ma anche dell'Europa moderna, ha infatti partecipato al suo penultimo Consiglio Ue. In verità, l'ultimo da cancelliera in carica con i pieni poteri, visto che il prossimo vertice europeo è in programma ad ottobre, quando si saranno appena tenute le elezioni che in Germania sanciranno l'addio di Angela Merkel.

E che gli equilibri dell'Europa stiano già cambiando lo si è capito da come si è concluso nella notte di giovedì il tentativo di Berlino e Parigi di aprire un canale di dialogo con la Russia di Vladimir Putin. Una proposta last minute, della quale in pochi in Europa erano al corrente. I Paesi dell'ex Urss, come era prevedibile, si sono infatti opposti. Appoggiati anche dal primo ministro olandese Mark Rutte. Che, forse, se l'asse tra Germania e Francia fosse stato politicamente più saldo avrebbe scelto un approccio più cauto. Invece la cancelliera è ormai considerata in uscita. Mentre Emmanuel Macron - pesantemente ridimensionato dal voto alle regionali di qualche giorno fa - dovrà dedicare i prossimi mesi alla campagna elettorale per le presidenziali francesi che non si annunciano per nulla scontate. Due debolezze che si sono sommate.

Non è un caso che anche Mario Draghi abbia scelto di avere un approccio cauto sul tema. Ieri ha detto di essere stato messo al corrente del tentativo di dialogo («sapevo di questa riunione»), ma ha anche sottolineato come la discussione sia «controversa» e «arrivata come una sorpresa», tanto che «molti ne hanno avuto notizia dal Financial Times». Insomma, da un quotidiano che, per quanto prestigioso, non è certo il canale delle diplomazie. Un tentativo, spiega Draghi in conferenza stampa, che comunque «andava fatto». Il premier non è affatto contrario a riaprire un dialogo che tra Europa e Russia è «congelato» dai tempi dell'annessione della Crimea, nel 2014. Ma, forse, ha dei dubbi sulla formula con cui avviare questa interlocuzione. Soprattutto considerando che i due attori principali dell'operazione sono uno in uscita (Merkel) e l'altro comunque alle prese con una riconferma non scontata (Macron). Insomma il cosiddetto «formato Normandia» (Germania, Francia, Russia e Ucraina) non sembra la strada migliore. Non è un caso che Draghi ci tenga a dire che «i Paesi europei devono essere orgogliosi della manifestazione di forza che danno quando parlano insieme e tutti». Parole che il premier utilizza per condividere la scelta di tentare la via del confronto con Putin, ben sapendo però che sulla questione del dialogo con Mosca non c'è stato alcun lavoro preparatorio per provare ad avere una posizione comune dei Paesi dell'Ue. Il tema, dunque, resta sul tavolo. Con l'ex numero uno della Bce che ribadisce la necessità di seguire con la Russia un approccio di «cooperazione» e «franchezza». Mosca è un «attore importante» e che «va coinvolto». Ma «bisogna nel frattempo essere franchi su tutto ciò che non va», dallo «spionaggio» ai «cyber attacchi», dalla «disinformazione» al tema dei «diritti umani».

Cautela, dunque. Anche in vista dei nuovi equilibri che muoveranno l'Europa dopo l'estate. Uno spazio nel quale Draghi può sperare di muoversi con margini di manovra importanti, facendo leva sulla stima di cui gode oltre i nostri confini (ieri gli elogi di Macron sulla scelta di difendere la laicità dello Stato sul ddl Zan) e sulla conoscenza che ha della macchina burocratica europea con cui ha avuto lungamente a che fare quando era alla guida della Bce. Senza dimenticare il suo rapporto diretto con il presidente americano Joe Biden. Non è un caso che sul delicatissimo capitolo immigrazione Draghi sia riuscito a portare a casa un pareggio fuori casa che mancava da tempo. Perché è vero che sul tema ricollocamenti un accordo è ancora lontano e ormai non se ne riparlerà prima dell'autunno inoltrato, quando gli sbarchi - che interessano i Paesi di primo approdo, come l'Italia - andranno esaurendosi. Ma non si può ignorare il fatto che - puntando sulla cosiddetta «dimensione esterna» - il premier sia riuscito a far entrare il tema immigrazione nelle conclusioni finali del Consiglio Ue.

Una cosa che non accadeva dal 2018.

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