Quanto avrà puntato i piedi il vanesio Serra Michele, caduto dal cielo della prima pagina del club di Repubblica, per accettare di trasferirsi in ventitreesima pagina! Destinato a non essere letto da nessuno. Desolazione, malinconia, senescenza. E totale disinteresse dei giovani, che lo ignorano. Gli restano i coetanei, ormai vecchi come lui, e con difficoltà di lettura. Ecco allora la soluzione per consolarlo: l'oziosa amaca sommariamente appesa come una ragnatela sovrasta una striminzita colonnina, con una iniziale ingrandita come in un codice miniato, e i caratteri così grandi da apparire il doppio di tutti gli altri articoli. Per riempire il vuoto.
Dentro non c'è nulla, ma le vane parole appaiono due volte più grandi di quelle di Concita de Gregorio e di Corrado Augias che la fiancheggiano; e il doppio anche di quelle di Scalfari e Calabresi. Perché questo privilegio per chi da molto tempo non dice più niente? È esemplare «l'amaca» di ieri: per dire che i politici non hanno niente da dire. Proprio come lui. E lo rivela con un incipit di travolgente e sconcertante ovvietà, che lascia increduli: «Dicono che siamo nell'epoca della comunicazione, ma i benefici non sembrano così evidenti.
Gli esponenti politici, quasi tutti, con l'espressione un poco rigida dello studente interrogato, sillabano nei tg frasi generiche ed evasive, mandate a memoria poco prima». Che novità, ci mancava solo che parlasse di «incomunicabilità»!
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