Vaticano, parla il "corvo": non solo io ho dato documenti segreti alla stampa

Nella deposizione al processo che lo vede imputato Paolo Gabriele si dichiara innocente del furto delle carte in Vaticano. "Ma ho tradito la fiducia del Papa". E rivela di aver subito gravi abusi durante la sua detenzione

Vaticano, parla il "corvo": non solo io ho dato documenti segreti alla stampa

Torna a parlare l'ex maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, nella deposizione al processo che lo vede imputato del furto di carte riservate del Vaticano. "Mi dichiaro innocente. Mi sento colpevole per aver tradito la fiducia che aveva riposto in me il Santo Padre, che io sento di amare come un figlio". Poi nega di avere avuto complici. Gabriele afferma anche di aver subito pressioni psicologiche e di essere rimasto per diversi giorni in una cella in cui non poteva neppure allargare le braccia, con la luce accesa 24 ore su 24. Su queste dichiarazioni il promotore di giustizia (pm) del Vaticano, Nicola Picardi, ha aperto un fascicolo per accertare se vi siano stati abusi nel corso della detenzione. All’udienza di questa mattina oltre all’imputato sono stati ascoltati diversi testimoni. Don Georg Gaenswein, la memores Cristian Cernetti e i gendarmi Giuseppe Pesce, Gianluca Gauzzi Broccoletti, Costanzo Alessandrini.

"Non sono stato solo io nel corso di questi anni a fornire documenti alla stampa", ha detto ancora Gabriele, lasciando intendere che la lista dei "corvi" del Vaticano è abbastanza lunga. Nel tempo "ho maturato la convinzione che è facile manipolare la persona che ha un potere decisionale così enorme. A volte - ha aggiunto -, quando sedevamo a tavola, il Papa faceva domande su cose di cui doveva essere informato".

"Durante gli anni del suo servizio non ho mai avuto ragione di dubitare del suo operato", ha detto monsigno Gaenswein.

Il segretario del Papa ha poi riferito ai giudici, in una deposizione durata circa 35 minuti, di aver cominciato ad nutrire sospetti su Gabriele quando leggendo il libro "Sua Santità, le carte segrete di Benedetto XVI", si era accorto che c’erano due lettere mai uscite dal suo ufficio.

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