"Cercò di evirarlo...": così nacque il mostro assassino

Freddo, spietato e calcolatore: il mostro d'Aosta che usava sparachiodi e coltelli prima di avere rapporti coi cadaveri

"Cercò di evirarlo...": così nacque il mostro assassino

Quattro omicidi e un tentato omicidio: sono questi i reati che fanno parte del curriculum criminale di Andrea Matteucci, il serial killer italiano soprannominato il “mostro di Aosta”. Freddo, spietato e calcolatore, Matteucci tra gli anni Ottanta e Novanta, uccide tre prostitute e un commerciante omosessuale intenzionato a intrattenere con lui rapporti sessuali. Sparachiodi e coltelli le armi utilizzate dal serial killer per commettere i delitti ai quali seguivano atti di necrofilia sui cadaveri. Per anni segue una precisa strategia per farla franca: si sbarazza dei corpi delle vittime bruciando i resti nei forni. Apparentemente un uomo riservato e dedito al suo lavoro di artigiano, il suo invece si rivela nel tempo uno dei profili più terribili. Con l’ultimo omicidio, commesso il 12 maggio del 1995, gli inquirenti riescono a incastrarlo. "Una modalità per uccidere e umiliare le proprie vittime, particolarmente cruenta la sua", afferma a IlGiornale.it la psicoterapeuta e psicologa forense Anna Maria Casale.

La difficile infanzia

Andrea Matteucci nasce a Torino il 24 aprile del 1962. Non riesce a conoscere il padre, un operaio con precedenti penali per i reati di furto e ricettazione, perché viene abbandonato in quello stesso periodo. Il fanciullo cresce quindi con la mamma, la quale, per racimolare qualche spicciolo, si prostituisce e lo affida alla sorella che vive a Foggia. All’età di 5 anni Matteucci si trasferisce con la madre ad Aosta per andare a vivere in un collegio religioso. Quando però sta con lei, assiste ai rapporti sessuali intrattenuti coi clienti. “Odio le donne che si fanno pagare per stare con gli uomini” dirà in avanti agli inquirenti. Ed ancora: “Mia madre mi ha fatto assistere anche alla tentata evirazione di un suo cliente”. All’età di 13 anni compie il primo furto: una bicicletta. Ma scoperto dal patrigno, viene picchiato e umiliato. A partire da quel momento, Andrea cade in depressione accusando anche disturbi psichici. A 14 anni ruba dentro la macelleria dove lavora ma, una settimana dopo, pentito, si costituisce. Fino all’età di 18 anni vive in comunità e, una volta uscito, trova lavoro come meccanico a Quart. A partire da questo periodo l’istinto omicida prende il sopravvento nella sua vita.

Il primo omicidio

È la sera del 30 aprile del 1980 quando Andrea incontra nel Teatro Romano di Aosta Domenico Raso. Quest’ultimo fa il commerciante ed è omosessuale. Nessuno conosce però questo suo aspetto tenuto segreto: è sposato e padre. Proprio per questo motivo, quando Andrea riceve delle avances, reagisce contro ogni aspettativa. Raso lo invita infatti ad avere rapporti sessuali dietro il monumento, laddove nessuno può vederli con la complicità del buio. Andrea fa finta di accettare. Una volta dietro la struttura estrae un coltello da boyscout e uccide il commerciante. “Un uomo non può fare certe cose”, dirà ai magistrati successivamente. Disfattosi dell’arma del delitto, avrà la fortuna di non essere scoperto.

L’omicidio di Daniela Zago

Pochi mesi dopo, Andrea parte per il servizio militare. Chiede di entrare nella Folgore a Livorno e ci rimarrà fino al 1983 anno in cui si congeda col grado di caporal maggiore. Non passa molto tempo e conosce una donna: i due si innamorano e si sposano subito. La coppia va a vivere a Villeneuve e lui lavora in un negozio di alimentari. Nel 1987 nasce il primo figlio e Matteucci apre una bottega artigianale ad Arvier. Il lavoro però va male e nel frattempo il rapporto con la moglie inizia a deteriorarsi. Nel 1992 i due si separano consensualmente. Lo stesso anno Matteucci incontra a Brissogne una prostituta di origini torinesi, Daniela Zago. I due consumano rapporti sessuali e quando la donna chiede di essere riaccompagnata, lui prova a trattenerla. Il continuo diniego della prostituta scatena la sua ira: le punta la pistola alla nuca e le spara. La vittima è ferita e implora di essere accompagnata in ospedale. Matteucci finge di accontentarla e invece la trascina in un posto isolato uccidendola. Seppellisce il cadavere e ritorna sul posto un mese dopo. Per far sparire le tracce del corpo, lo taglia a pezzetti e lo brucia.

L’odio verso le prostitute

Le relazioni con le prostitute vanno avanti. Nel 1994 l’assassino incontra Chambave Clara Omoregbee, una prostituta nigeriana. I due consumano un rapporto sessuale e anche questa volta lui insiste per averne altri. La donna si ribella e urla. Matteucci va in escandescenze e la uccide con due colpi di pistola. Non contento fa sesso col cadavere e lo porta a casa dove lo fa a pezzetti e lo brucia. Sempre lo stesso anno incontra un’altra prostituta nigeriana, Lucy Omon, e la porta a casa. Dopo aver consumato il rapporto la riaccompagna ma, durante il tragitto, cambia traiettoria dirigendosi verso la bottega dove incenerisce le vittime. Lucy si spaventa, si agita e lui cerca di soffocarla con un cuscino. La donna riesce a svincolarsi e scappare. Nel 1995 Matteucci viene condannato per il reato di furto d’auto ma riesce a evitare il carcere. Se la caverà solamente con l’obbligo di firma nella caserma di Saint-Pierre. Il mese dopo il serial killer uccide un’altra prostituta: l’albanese Albana Dakovi. Dopo il rapporto sessuale, la pugnala e la colpisce alla testa con una chiave inglese. Dopo l’omicidio ha il coraggio di mettere il cadavere nel portabagagli per recarsi nell’ufficio di polizia per adempiere all’obbligo di firma. Svolto il dovere, va a dare fuco alla vittima.

L’arresto, la condanna e il profilo criminale

Nell’ultimo omicidio accade un imprevisto. Matteucci non sa infatti di essere seguito dal protettore della prostituta il quale lo vede caricare il corpo esanime della donna in auto, prende nota della targa e scrive una lettera anonima alla polizia. Il 26 giugno del 1995 Matteucci viene arrestato. Inizialmente il serial killer nega tutto, poi crolla e confessa non solo l’omicidio per il quale viene arrestato ma anche tutti gli altri. Riconosciutogli un vizio parziale di mente, Andrea Matteucci il 16 aprile del 1996 viene condannato a 28 anni di carcere e a 3 anni di reclusione in un ospedale psichiatrico giudiziario. Oggi ha 58 anni e si trova in una struttura psichiatrica.

Un modo di uccidere le vittime cruento il suo, che viene spiegato a IlGiornale.it dalla psicoterapeuta e psicologa forense Anna Maria Casale: “Nella vita dei serial killer – ci dice - si ritrova spesso una vita familiare e sociale difficile così come un’infanzia non serena, spesso traumatica, caratterizzata da assenze importanti, abusi e violenza. Come conseguenza, si sviluppa una personalità incapace di provare empatia, nel riconoscere sentimenti sani, caratterizzata da desideri di vendetta e di angoscia persistenti. Questo accade anche nella vita di Andrea”. Secondo la dottoressa Casale la spinta psico-criminologica è data dalla voglia inconscia di punire la madre, attraverso l’omicidio e gli abusi su queste donne. “Dopo averle uccise – afferma la psicoterapeuta – Matteucci fa a pezzi i corpi e li brucia come a voler definitivamente e totalmente cancellarne la presenza, la memoria di quelle donne.

Ciò che egli percepisce come devianza sessuale, diventa per la sua psiche fragile e tormentata, insostenibile e quindi da punire, da eliminare”. Andrea Matteucci, secondo Anna Maria Casale, vede nella sua vittima l’origine dei propri mali. Uccidendola, libera momentaneamente se stesso dall’angoscia per quanto vissuto e assistito da bambino.

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