Da fiera delle vanità a vanità delle fiere. Una congiuntura del calendario, complice la Pasqua che ha ritardato il Vinitaly di un paio di settimane, concentra in pochi giorni due delle nostre fiere più gigantesche e glam, capaci di trasformare due città del Nord in una vetrina del bello, del buono e del fatto-da-noi.
Verona, dove oggi chiude l'edizione numero 50 del Vinitaly, appunto. E Milano, con il Salone del Mobile incominciato ieri per la settimana più attesa della Milano post-Expo. La prima che in questi giorni è un grande calice pieno di bollicine, con la popolazione che raddoppia, taxi introvabili, telefoni in tilt, ristoranti e ville palladiane delle province piene come osterie, bottiglie in ogni via del centro. La seconda che si trasforma nella capitale mondiale del «figo» (mooolto più milanese di «chic»), roba che la settimana della moda sembra ormai una sagra della cassoeula in cui però non ingrassa nessuno. Due eventi che celebrano due nostri talenti, il nostro saper fare (anche qui: perché usare il francese?), la capacità di affascinare il mondo andando ben oltre, con un salto lungo ma effettuato con stile da 10, i nostri difetti che spesso gli altri non notano ma che noi non ci perdoniamo, salvo poi continuare a coltivarli con perizia.
E pensare che un tempo nemmeno tanto lontano la parola fiera aveva un suono
sottosegretariale, evocava tagli di nastri con assessori, atmosfera da fila alle poste, con la massima botta di vita disponibile di un'allure da luna park. Oggi invece l'italian way of life passa per le fiere. Siamone fieri.
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