Che sta succedendo alla sinistra? Nel giro di pochi giorni Romano Prodi e Paolo Gentiloni hanno lanciato lo stesso avviso ad Elly Schlein e a tutti i naviganti del campo largo: "l'alternativa al governo Meloni per ora non c'è". Un giudizio assai severo. Per cercare di capirne le ragioni ho messo in fila tutte le più importanti battaglie dell'opposizione, con i relativi capi d'accusa rivolti al centrodestra. Ne è venuto fuori un elenco che fa impressione. 1) Complicità con il "genocidio" di Gaza 2) Collusione con il torturatore libico Al Masri. 3) Gravi attentati alla democrazia e alla Costituzione: attraverso la riforma della giustizia e il progetto del premierato. 4) Proditorio assalto alla libertà di stampa, persino con richiami di co-responsabilità nell'attentato a Ranucci. 5) Violazione dell'indipendenza delle Authority. Un'incredibile "cahier de doleance" che configura quasi l'identità di un governo golpista, sudamericano o africano. Davvero l'Italia di oggi può essere descritta così?
Com'è evidente, si tratta di accuse "irreali", e spesso "surreali", lanciate all'unico scopo di tenere alta una "permanente indignazione" contro Giorgia Meloni in attesa della "spallata definitiva". Ecco perché Prodi e Gentiloni si chiamano fuori: sono consapevoli che l'indignazione da sola (per giunta se artefatta) non può produrre alcuna reale alternativa politica. Al contrario, riduce al minimo le sue chances, perché come scriveva Paul Valéry: "Un atteggiamento di permanente indignazione denota grande povertà mentale. La politica costringe i suoi adepti a prendere questa abitudine e tu puoi vedere le loro menti, tra uno scoppio di sacrosanta rabbia e un altro, impoverirsi giorno dopo giorno". Si dirà: la povertà mentale è la colonna sonora di qualsiasi propaganda, specie in questa era di "radicale polarizzazione". In parte è così. Ma si tratta anche di un vizio antico se è vero ciò che, nel primo Novecento, scriveva Gramsci: "Se si vuole diminuire o annientare l'influsso politico di una personalità o di un partito non si tenta di dimostrare che la loro politica è inetta o nociva, ma che determinate persone sono canaglie. Che non c'è buonafede, che determinate azioni sono interessate (in senso personale e privato). È una prova di elementarità del senso politico, di livello ancora basso della vita nazionale".
È doveroso allora chiedere ad Elly Schlein e Giuseppe Conte: non pensate, assieme a Gramsci, che l'Italia non meriti questo "basso livello" di contrapposizione? Possibile che non ci siano altre vie per contrastare il governo se non accusarlo di qualsiasi indegnità morale? E non ci si accorge che così si finisce per far male a tutto il Paese? Una moderna democrazia dell'alternanza, infatti, può funzionare solo se gli schieramenti competono su concrete alternative politiche, non certo mettendo in scena un violento wrestling di odio ideologico.
Il fatto è che, per la sinistra, non è semplice cambiare rotta. L'"indignazione permanente", infatti, è figlia di una sua antica attitudine mentale che si potrebbe definire "sindrome del pensiero innocente". Noi siamo il Bene, gli altri il Male. Una convinzione che imprigiona ogni giudizio in una sorta di rancore morale e lo spinge fino al limite dell'"irriducibilità". Anche a dispetto della realtà. In sostanza la sinistra (quando è governata da leader massimalisti e non riformisti) sembra ancora vittima dell'inganno perpetrato da diverse ideologie del Novecento: immaginare il proprio pensiero come "puro", sempre schierato "dalla parte giusta della Storia". Va detto che questo "far finta di essere sani", almeno in parte, ha funzionato. Ha preservato, come dentro una campana di vetro, i vecchi miti storici dei militanti di sinistra più a lungo di quanto fosse storicamente ragionevole. Ma ormai, chiuso il Novecento, siamo fuori tempo massimo: sarebbe quindi il caso che questa insana "attitudine mentale" venisse archiviata. Nessun pensiero può mai dirsi innocente, esclusivo protagonista del Bene.
Non capendolo, la sinistra continuerà ad esibire sempre e soltanto certezze ideologiche, anche se infondate e a vedere la destra non come un avversario, ma come un "nemico". Così, però, si condannerà anche a un'insuperabile incompiutezza politica. Proprio come dicono Prodi e Gentiloni.