Riccardo Signori
Dire Cruz, come pensare Peirò e Diaz. Giocatori che hanno fatto grande lInter, che parlavano soprattutto con i gol. Jolly più che marziani del calcio. Uomini vissuti in epoche diverse, allinterno di Inter comunque vincenti, partissero titolari o dalla panchina. Basta vedere la loro media gol, per capire quanto si somiglino. Cruz ha giocato molto di più degli altri due, ma la capacità di segnare, e di mantenere buon feeling con la rete, è tanto simile. Spesso i segreti di una squadra si nascondono in piccoli particolari, in alchimie da spogliatoio o in casi fortunati. Ramon Diaz era un argentino un po umorale, tenebroso in tanti sensi: arrivò allInter di Trapattoni in prestito dalla Fiorentina, alternativa a Madjer, luomo scelto per vincere che non arrivò mai. Fece vincere uno scudetto allInter, segnò nei momenti che contano. Ricorda Sandro Mazzola, che ha visto scorrere queste tre epoche ed è stato compagno di squadra di Peirò: «Avevo già preso Diaz allInter qualche anno prima, pagato 2 miliardi e 600 milioni grazie ai buoni rapporti con quelli del River Plate. Ma Fraizzoli si inventò che a Napoli gli avevano bruciato i negozi. E mi disse: non possiamo prenderlo».
Joaquim Peirò era invece uno spagnolo, unidea del mago Herrera che lo fece arrivare a Milano da Madrid dove lasciò il ricordo di un successo nella coppa Coppe segnando alla Fiorentina. Era il terzo straniero dopo Suarez e Jair, utilizzabile solo in Europa. «Ma come Cruz, ed anche Diaz, aveva una grande qualità: la testa concentrata, sempre pronto al momento opportuno, ben allenato, grande professionista. Lo avevamo soprannominato canjço, detto alla spagnola: piccolo cane, perché aveva la corsa del levriero e lastuzia del cane che ti va a rubare il mangiare». Ci fu un giorno in cui il Mago preferì Peirò proprio a Mazzola e non in una partita da dimenticare: spareggio di Madrid, per la coppa Intercontinentale, contro lIndependiente. Peirò ripagò Herrera inviando lassist decisivo a Corso per il gol del successo nei tempi supplementari. Poi ci fu quella rete, che lo rese famoso più dogni altra, nella semifinale di coppa dei Campioni contro il Liverpool. Astuto come un cane che ti toglie il cibo, Peirò soffiò il pallone da sotto il naso di Lawrence, il portiere inglese che stava preparandosi al rinvio: fu la rete del 2-0 che pareggiava momentaneamente l1-3 dellandata (la partita finì 3-0). «Joaquim era imprevedibile, aveva cambio di passo e rapidità, prevedeva il rimpallo sbagliato, intuiva lazione come le vere punte, tempista sul fuorigioco». Peirò giocò a Milano nei due anni in cui lInter vinse tutto nel mondo e, quando passò alla Roma, lasciò cattivi ricordi sia allInter sia al Milan.
Julio Ricardo Cruz è uno di quella specie: non fa copertina, ma segna e ti fa sognare. Piace agli allenatori e a qualunque tecnico perché ha il gol nel Dna, sa giocare con qualunque compagno, sa intuire il cuore di unazione dattacco. Ha nei tratti la caratteristica dellargentino triste e cupo che caratterizzava Ramon Diaz e come lui un piede di seta. «Ramon aveva un piedino che colpiva la palla in modo eccezionale. Nella rapidità larma che ti crocefiggeva», ricorda Mazzola. Cruz ti stende di testa o di piede, usa larte di un Arsenio Lupin quando sbuca in area quasi nascondendosi tra teste e piedi, ma cè sempre. Difficile che buchi lappuntamento. Quello di Mosca è stato il decimo eurogol con la maglia dellInter: in campionato o in Champions le sue reti (questanno quattro gol in cinque partite, una ogni 79) hanno lasciato il segno. Se stavolta ha distrutto lo Spartak con tre gol in due partite, altre volte è stato determinante nel trascinare la squadra nerazzurra verso qualche sogno poi naufragato. Conclusione di Mazzola: «Quando segna, sembra dirti: perché esultare troppo? Questo è il mio mestiere. Non stupitevi, sono qui per questo. È uno di quelli che non cura più di tanto le pubbliche relazioni, ma diventa determinante nelle relazioni con il gol».
E se quel filo comune, che unisce Peirò e Diaz, cucirà anche la storia di Cruz il successo è garantito. Quelle dello spagnolo furbo e del puntero tenebroso sono state fra le migliori Inter della storia, con tanto di scudetto al petto.
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