Davide Barilli muove la penne con la stessa suadente eleganza con cui i nobili decaduti di Baracoa danno calore al miglior rum passando il bicchiere da una mano all'altra, facendone ondeggiare sapientemente il contenuto.
Davide è un giornalista della Gazzetta di Parma ma è soprattutto un narratore del mondo che ama sorseggiare la vita, magari accettando il rischio di fumarsela così come si fa con un Coronas Especiales. I riferimenti all'alcol e ai sigari non sono casuali, perché questi sono proprio i profumi di cui sono intrise le pagine del suo ultimo romanzo, «Le cere di Baracoa» (Mursia).
Barilli ama Cuba, ma soprattutto ciò che essa rappresenta; sarà anche per questo che se trova qualcuno che uno parla male della «sua» isola (magari ricorrendo ai soliti luoghi comuni), Davide si scalda come un Calvados. Quindi giù le mani da Cuba, dal Che, da Fidel e - perfino - da Raul. E il comunismo? Quello rimane sullo sfondo ed è come un grande materasso rosso su cui saltano, con alterne fortune, i personaggi protagonisti delle «Cere di Baracoa».
Un percorso che parte da lontano. È il novembre 1944 quando un incendio divora una cereria della Bassa Padana. Muoiono due ragazzi: i fratelli Gabbi. È un lutto che lascia il segno e che stravolgerà, per sempre, la vita di Celso, il fratello maggiore emigrato in Centro America. Celso cova a lungo la vendetta e, al suo ritorno, si trasforma in killer: il sangue dell'omicidio sembra dover lavare l'incubo, invece è solo l'inizio di una vertigine bastarda.
«Risucchiato dalle leggende di un uomo dal sangue zingaro e incuriosito da una vecchia cartolina in bianco e nero, un misterioso narratore ripercorre la vita dell'assassino per inseguire un delitto privo di enigmi investigativi, ma ricco di misteri».
Inutile dire che quel «misterioso narratore» è Barilli che, dalle rassicuranti sponde del Po, comincia un viaggio introspettivo in una Cuba che sembra voler stracciare le cartoline per turisti, preferendo le ombre che soffocano cuore e psiche. Da Capablanca a Magdalena Rovieskuya, da Gino Donè Paro a Barroso, senza dimenticare Orlando e tanti altri.
E se nell'aria della vostra stanza sentirete il profumo del rum e del singaro, non preoccupatevi. Anzi, ispirate forte. L'anima di Cuba è lì, pronta a entrare - grazie a Barilli - dentro di voi.
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