Antica Pizza, sempre più in alto

Il locale di Busto Arsizio, che avevamo “scoperto” qualche mese fa, ha conosciuto un restyling che lo ha reso più confortevole e ha alzato il livello della proposta gastronomica: l’impasto è diretto e ben idratato, le pizze sono realizzate nella versione classica al forno, in quella “a ruota di carro” e in doppia cottura (fritta e forno elettrico), gli ingredienti sono di qualità elevatissima

Antica Pizza, sempre più in alto
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Torno a scrivere di Antica Pizza a Busto Arsizio, di cui vi ho già dato conto dopo una mia prima visita lo scorso giugno, perché ci sono tante novità che a mio modo di vedere meritano di essere raccontate. Il locale della famiglia Vaccaro (di origine campana di Tramonti), nel frattempo inserito nelle migliori guide specializzate come quelle del Gambero Rosso e di Identità Golose, ha alzato l’asticella cercando una dimensione più acconcia a un livello di prodotto che secondo me (e non solo secondo me) ha pochi paragoni in Lombardia. C’è stato quindi un restyling del locale, uscito dalla dimensione di pizzeria di provincia e oggi con un’estetica più metropolitana: la sala è di un riposante colore ottanio, l’ingresso è dominato da un neon che interroga i clienti su “che sapore ha la felicità?”, anche il menu è più elegante e razionale. Insomma, l’Antica Pizza ora è un locale coi fiocchi, sempre più orientato al servizio al tavolo e sempre meno al delivery, che continuerà a esistere per accontentare i clienti storici ma francamente non è più incoraggiato visto che può anche mortificare una pizza tanto buona.

Ecco, la pizza. Pino e Gigi Vaccaro (rispettivamente padre e figlio, il secondo più frontman ma il primo molto amato sui social) la realizzano in tre modi: classica cotta al forno a legna a 430 gradi, a ruota di carro e quindi più larga (ma non eccessivamente) e con il cornicione sottile e in doppia cottura, fritta a 180° e poi ripassata al forno elettrico a 300° (la temperatura troppo alta del forno a legna non sarebbe adatta) con la “terra” spenta per non bruciare il fondo. Questa tipologia un po’ di nicchia è proposta per la condivisione, magari a mo’ di ouverture, in due tipologie. Io ho assaggiato la Proibita con pomodorini corbarino di Casa Marrazzo, stracciatella pugliese del caseificio Artigiana, e la magnifica spalla cotta “proibita” dei Capitelli, basilico fresco e olio evo Hirpinia di San Comaio. Magnifica partenza e una dimostrazione immediata di come il livello dei fornitori degli ingredienti sia di ottimo livello.

Poi sono passato ad assaggiare due pizze tradizionali. Ho preso nella versione a ruota di carro la Corbarina II Provola e pepe con pomodori corbarino di Casa Marrazzo, provola affumicata di Napoli della Latteria sorrentina, olio Hirpinia, basilico fresco e una provvidenziale macinata di pepe di Sichuan che provvede a elettrizzare il tutto con il suo aroma agrumato che compensa la grassezza e la potenza degli altri ingredienti. Una bella trovata per una pizza magnifica. Quindi come classica ho scelto la Ritorno al passato, che i Vaccaro definiscono la loro versione della Quattro stagioni (anche se io la definirei più Capricciosa, visto che gli ingredienti sono mischiati e non suddivisi in quarti come nella Quattro stagione) con pomodoro san marzano dop di Casa Marrazzo, fior di Latte di Napoli della Latteria sorrentina, funghi cardoncelli freschi e dei magnifici carciofi spinosi crudi marinati, oltre a olio Hirpinia e basilico fresco. Una pizza piena di carattere. In tutti i casi le differenti cotture delle pizze mi sono sembrate perfette, l’interno aereo e sostenuto, anche grazie all’attenta preparazione con preimpasto realizzato la sera precedente con acqua e farina del Molino Quaglia, a cui la mattina dopo vengono aggiunti il lievito precedentemente sciolto, acqua e ghiaccio e poco sale.

Pesco qualche altra pizza dal menu, solo per darvi qualche suggestione in più: la Marinara rinforzata (da capperi di Salina, olive schiacciate cilentane e alici di Cetara), la Diavola alla Luigi (san marzano, fior di latte, salsiccia semisecca piccante, erborinato di capra), la Fra-Martina (con fior di latte, carciofi spinosi, capocollo di Martina Franca, stracciatella pugliese), la Friariello & Co (con friarielli freschi saltati con aglio e peperoncino, provola affumicata, salsiccia semisecca piccante, maionese di cipolla arrosto).Il resto del menu prevede pochi antipasti (patate al forno speziate e qualche montanarina) e qualche dolce tradizionale (un Tiramisù ben fatto, una crostata scomposta al cucchiaio con pere). Si beve vino (una piccola ma intelligente carta di bollicine, bianchi e rossi) con ricarichi onestissimi, o le birre del birrificio artigianale bustocco Orso Verde (altrimenti ci sono le Menabrea). I prezzi: la pizza più economica è la Marinara e costa 6,50 euro, la Margherita viene 7, la più costosa è la Pino al tartufo (17), la gran parte sono tra 11 e 14.

Nota di merito per la gentilezza di tutti, i Marrazzo e i loro dipendenti, e per l’atmosfera piacevole, quella sì ancora garbatamente provinciale. Busto è ormai nel navigatore dei “foodies” lombardi ed è intenzionata a rimanerci a lungo.

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