Cucina

Domò, giapponese senza confini

Molto innovativo il locale aperto pochi mesi fa in via San Marco, a Milano, da Massimo Sun, spin off di un brand romano di successo. Un ristorante coreografico e raffinato con una formula innovativa che mixa il concetto di “all you can eat” con il fine dining. Il risultato? Duecento coperti sempre prenotati

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Se l’all you can eat vi fa accapponare la pelle, sedetevi e ascoltatemi. Esiste almeno un posto a Milano (e anche a Roma) dove questa formula è declinata con eleganza e materie prime eccellenti (e un prezzo consequenziale). Parliamo di Domò, un locale di ispirazione giapponese, ma italiano (anzi romano) nell’anima notevolmente innovativo che ha aperto da poco tra Brera e Solferino, al numero 40 di via San Marco, del quale c’è molto da dire, per cui non perdiamoci in chiacchiere. Innanzitutto si tratta dello spin off milanese di un locale aperto qualche anno fa a Roma nel quartiere Parioli da Massimo Sun, giovane imprenditore sino-italiano, con laiuto della manager Flaminia Ceccarini. Che per lo sbarco milanese ha alzato l’asticella facendo le cose in grande. Ha rilevato i locali che ospitavano l’ex Museo dei Navigli, ha salvato le parti strutturali più affascinanti, come i muri con mattoni a vista del piano inferiore, e ha affidato l’imponente restauro allo studio di architettura Naos Design. Non partiamo dall’estetica per caso. Domò Milano è un luogo davvero scenografico, dallo stile internazionale, con un atrio lussuoso, una grande sala centrale dalle forme curvilinee e dai colori caldi e naturali, molti divanetti rossi disposti a serpentina che garantiscono privacy a chi la desideri. Ad attirare lo sguardo una grande area per le preparazioni fredde, una cucina per quelle calde, la consolle di un dj, una sala rialzata. Sotto, un altro piano con il fascino di una cripta chic, ideale per eventi privati. Il locale è immenso, 1500 metri. Del resto qui i numeri sono tutti imponenti: 30 persone in sala, 40 in cucina, 80 piatti, 200 coperti che nella sera in cui sono andato io erano quasi tutti occupati (e i turni sono due).

Domò

La cucina è affidata al giovane chef Antonio Dai, classe 1996, ricco di esperienze internazionali che lo hanno portato a padroneggiare le tecniche antiche della cucina giapponese innervate da pensieri ed estetica spiccatamente contemporanei. La formula, come dicevamo, è una sorta di all you can eat in versione luxury, orientata alla condivisione e al divertimento. I clienti possono scegliere blocchi di piatti a 10 a 10 (un gruppo di quattro potrà chiederne 40) ordinandoli con un tablet. Dopo cinque minuti possono partire eventuali altri ordini supplementari. Un piacevole caos organizzato che una sala estremamente efficiente gestisce in modo impeccabile evitando ingorghi di piatti e garantendo un ritmo travolgente. Si tratta di miniporzioni gastronomiche che spaziano dal sushi al sashimi, con divagazioni nella cucina nikkei tipica della contaminazione tra Perù e Giappone (due Paesi geograficamente lontani ma legati da una lunga storia di emigrazione) e arrivano nel Mediterraneo, da dove sono pescati ingredienti e ispirazioni. Io ho mangiato una Tako sfera croccante con polpo, seppia, sedano e puntarelle; un Basil Takosu, carpaccio di polpo su letto di hummus di ceci con piccole scaglie di mandorle; una Kobe tataki, sashimi di manzo leggermente scottato, salsa ponzu, capperi fritti e puntarelle; un Salmon shiso tartare, di salmone e avocado, con base di shiso in tempura, salsa ponzu; dei Nigiri di gambero rosso di Mazara e di capasanta; dei Roll al salmone con burratina, gambero rosso di Mazara e olio evo; dei Bignè di riso avvolto del salmone scottata con maionese e tartufo; un magnifico Unagi hand roll, kabayaki di anguilla con erba cipolline e salsa teryaki, la cosa più buona assaggiata nella serata; un trionfale mix di sashimi con salmone, tonno, gambero rosso di Mazara, branzino, scampi; degli Yaki gyoza, ravioli alla piastra di carne e verza; dell’Udon saltato ai frutti di mare, mazzancolle tonno disidratato; dello Shakedon, riso saltato con teppanyaki di salmone, verdure fresche, uova il tutto bagnato con salsa teryaki. Per chiudere una degustazione di tre minidessert: rocher, oro verde, arachidi e caramello salato.

Domò

Una degustazione base viene attorno ai 35 euro a testa (il prezzo può cambiare a seconda del mercato), esclusi dolci e bevande. E a proposito di bevande, oltre a una discreta carta dei vini, il bartender Marco melzi propone alcuni buoni “mistery cocktail”: scegli il gusto (amaro, dolce, secco, sour, fresco) e lui ci mette il resto. Per me un ottimo Negroni tropicalizzato con macerazione di ananas nel vermuth e olio di cocco, piacevolmente affumicato. Domò Milano, via San Marco 40, tel. 0270016274. Sito: domosushi.

it (in costruzione). Aperto tutti i giorni, chiuso a pranzo il lunedì, martedì e mercoledì

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