Food Writers, il mare tutto da scrivere

Food Writers porta a Milano una cucina di mare dal respiro nordico, firmata dallo chef toscano Claudio Rovai. Ostriche, brace a vista e menu per prodotto definiscono un’esperienza elegante e innovativa

Food Writers, il mare tutto da scrivere
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Un ristorante milanese con una visione meno mediterranea e più nordica della materia ittica, aperto dall’azienda italo-francese Oyster Oasis e che ha in cucina il talento di Claudio Rovai, toscano con molte esperienze e con l’0imprinting di Matias Perdomo. In cartaIl mare, nei ristoranti milanesi, è raccontato più o meno sempre nello stesso modo. Una faccenda di mediterraneità e tradizione. Mi ha colpito per questo la strada scelta da Food Writers, un ristorante contemporaneo e di rara asciuttezza al numero 14 di via Domenico Millelire, tra San Siro e Primaticcio, non certo un quartiere dove i milanesi abbiano l’abitudine di andare a cena. Qui l’azienda italo-francese Oyster Oasis, specializzato nella distribuzione di prodotti ittici di eccellenza, ha aperto questo locale con un’attitudine piuttosto nordica nella narrazione (con una venatura nipponica), fatta di plateaux, di molluschi e di crostacei trattati con pulizia ed eleganza, anche se poi a dominare la scena è una grande brace a vista dove si muovono lo chef Claudio Rovai e la sua brigata.

Rovai è un personaggio assai interessante. Toscano di Lucca, si è fatto le ossa a Londra, lavorando in molti ristoranti italiani della capitale inglese, e poi ha inanellato tante esperienze in Italia, in importanti locali stellati, e soprattutto in Australia, dove è arrivato a gestire in piena autonomia la cucina di una rinomata insegna italiana, e dove soprattutto ha affinato il gusto per la sperimentazione e per una visione laterale della gastronomia. A Milano Rovai arriva a Milano alla corte di Matias Perdomo, chef uruguaiano di Contraste, uno tra i pochi in città a fare vera avanguardia. Rovai colpisce il cuoco sudamericano al punto da spingerlo ad affidarli la cucina di Exit Gastronomia Urbana, un progetto decisamente innovativo nel suo modo di coniugare approccio informale e ricerca di qualità. Poi l’arrivo da Food Writers, dove lo chef toscano sembra essere decisamente a suo agio.

Rovai non ha segreti alchemici, ma la forza della semplicità. Grande cura nella scelta delle materie prime – diciamo che in questo caso la presenza di Oyster Oasis come “padrone” aiuta non poco – lavorate con mano lieve ma comunque riconoscibile e con una grande attenzione alla stagionalità, alla leggerezza e alla bellezza del piatto.

Il menu, molto attraente, è strutturato non per sezioni rigide (antipasti/primi/secondi) ma per tipologia di prodotto. Ci sono quindi i molluschi, i crostacei, il pesce bianco, il pesce azzurro e i vegetali, declinati nei vari momenti del pasto, che si possono anche modificare a piacere. Si parte da una sezione di ostriche francesi, irlandesi e anche italiane. A me ne arrivano due, una italiana, una Parla del Delta di Scardovari, dal Veneto, e una Ostra Regal dall’Irlanda, cremosa e poco iodata ma con una lunga scia nocciolata. Il tutto in un plateau che comprende anche un gambero spagnolo e uno scampo irlandese, il tutto accompagnato da due salse, scalogno, limone, peperoncino e cipolla rossa e maionese.

Vado avanti con un Calamaro su una salsa di patate e una salsa cinese composta tra l’altro da soia, aceto, che da molto carattere. Poi c’è un magnifico maritozzo con astice blu cotto alla brace, una maionese ed erbetta cipollina, quindi una Sarda arrosto con pesto di finocchietto e pinoli e insalata riccia. Poi degli impeccabili Spaghetti Benedetto Cavalieri servito con vongole cotte alla brace. Infine, ultimo piatto salato, un’Ombrina alla brace, gel di limone salato, crema di crescenza, salso al levistico, spinacino alla brace e olio all’alloro. Come dessert scelgo una golosa Duquoise alla nocciola.

La carta dei vini è della giusta misura, senza esagerare con inutili gigantismi. Si fa leggere e propone molte etichette poco battute accanto a case vinicole affermate. Ha naturalmente molta attenzione alle bollicine, sia per le radici parzialmente francesi del locale, sia perché ostriche e crudi le richiamano naturalmenteIl pane è dell’ottimo panificio Le Polveri.

Il ristorante è elegante e modernista, con pochi fronzoli. Domina il legno. Il servizio è sorridente e accurato, io sono stato servito dal bravo Andrea, e ha un solo limite, la scarsa presenza femminile, almeno nella serata della mia visita. Ma non sarà difficile rimediare.

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