Izu, il Giappone come non l’avete mai mangiato

Il ristorante di corso Lodi a Milano parte dalla tradizione nipponica dei crudi, delle tartare, del sushi, ma dà il meglio di sé nei piatti creativi, che fondono la cultura del Sol Levante con altre ispirazioni gastronomiche italiane, europee e latinoamericane. Il locale è elegantissimo, la carta dei vini da ristorante stellato, con una ottima selezione di sake

Izu, il Giappone come non l’avete mai mangiato

I 1250 punti luce che ritmano il cielo di Izu, in una galassia stellata che si prolunga sala dopo sala, sono il simbolo di questo ristorante giapponese, uno dei più interessanti di Milano, capace di crescere di anno in anno in ambizione ed estetica, grazie alla determinazione e all’eleganza del patron, Jin Yue Hu. Jin, origini cinesi ma solide radici italiane, è il portabandiera di un’idea di cucina aperta a molte contaminazioni, elegante, creativa, che rende ogni cena in questo grande locale al numero 27 di Corso Lodi interessante e mai uguale alla precedente.

Izu è un locale che si fa guardare. La sua sfilata di sale su strada, illuminate in maniera calda, non passa inosservata ed è fonte di richiamo per tutto il vivace quartiere che unisce Porta Romana a piazzale Lodi. Nato oltre una trentina di anni fa, nel 1993, il locale si è evoluto passo dopo passo, tutto al contrario rispetto a quei ristoranti che aprono con il rullo della grancassa e poi spariscono in un buco nero. No, qui tutto è stato fatto con passione e senso del tempo, e la soddisfazione di una clientela non a caso composta da fedelissimi è sempre stata la misura di ogni evoluzione. Oggi Izu è un ristorante elegante e leggermente avanguardista, che merita di essere inserito a pieno titolo in una “top ten” dei locali di cucina nipponica a Milano. E lo dico avendo ben presente la scena attuale.

Il menu di Izu è molto ricco, comprende tutti i classici della cucina giapponese che tanta fortuna continua ad avere da noi, realizzati con ingredienti di altissimo livello e una mano felice: tartare, carpacci, nigiri classici o speciali, gunkan, uramaki, sashimi, composizioni di sushi, udon, tempura, qualche piatto di pesce, qualche piatto di carne, qualche piatto vegetariano.

Io però mi sono concentrato sulle proposte più creative. Come il Ceviche Trilogia, che unisce la cultura peruviana a quella italiana e a quella orientale, manifesto perfetto dell’idea di fusion di Jin: tre tipi di pesce bianco, orata, spigola e ricciola, perfettamente tagliati e conditi con salsa aji amarillo, un peperoncino piacevolmente aromatico, gocce di olio al coriandolo, latte di soia, latte di avena e una cipolla rossa di Tropea alla quale un passaggio in ghiaccio toglie il carattere più aggressivo salvando la parte croccante. Un piatto notevolissimo anche da un punto di vista estetico. La bellezza dei piatti è, non a caso, una delle cose che mi ha più colpito dell’insegna.

Altro piatto creativo è la Scarpetta, un omaggio alla tradizione italiana che fa onore a quanto rimane nel piatto dopo che l’elemento principale è finito. In questo caso a fare la parte del pane sono delle chips di alga nori fritte e insapidite dal sale maldon, sul quale spalmare con l’ausilio di una paletta da burro una tartare di tre tagli di tonno akami (la parte più carnosa), otoro (quella più grassa e desiderabile) e chutoro (una via di mezzo tra le due). La tartare ha una forte spinta umami, per bilanciare la quale ecco dell’olio di sesamo, cipolline e spezie, salsa su-miso. Un piatto-gioco, interattivo ma anche di grande sapore.

Terzo piatto creativo, anch’esso bellissimo (la composizione ricorda un sole), il Carpaccio di capasanta, in questo caso canadese, condita con vinaigrette allo yuzu e limone di Sicilia e gocce di umeboshi, la prugna giapponese, che dona un sentore dolce e aspro, e poi c’è il basilico viola giapponese disidratato a dare colore e un tocco pungente.

L’unica escursione che ho fatto nel mondo sushi non mi ha deluso, come nel caso dell’assortimento di Nigiri omakase, ovvero a discrezione dello chef: sei pezzi di notevole interesse, a partire dall’orata scottata a carbonella con la sua pelle, ciò che le dà una piacevole nota affumicata, con shiso, tuorlo d’uovo marinato e grattugiato. Poi un filetto di tonno rosso Blue Fin con wasabi fresco e salsa nikiri di soia spennellata, una interessantissima alice marinata nell’aceto di riso giapponese con zenzero fresco ed erba cipollina, una capasanta scottata alla fiamma con olio di sesamo, salsa di soia e zest di limone, un astice cotto a bassa temperatura e servito con un ciuffo di caviale, infine del wagyu Kagoshima categoria A4, il giusto equilibrio secondo Jin tra la grassezza e la parte rossa della nobile carne giapponese.

Chiusura con un altro grande piatto, un Petto d’anatra laccata con mandarini cinesi, verdure in wok e soft di patate, un piatto che ha una piacevole impronta francese. E poi un gelato al caffè.

Nota di merito per la cantina, gestita ottimamente da Giuseppe. La carta è ben organizzata e assortita, con una prevalenza di marchi affidabili e una naturale propensione per i vini bianchi e le bollicine. La proposta al calice potrebbe essere rimpolpata, ma è bella l’idea di dare visibilità ogni mese a una cantina differente, i cui vini vengono suggeriti all’inizio. Ben valorizzati anche i sake, che sono raccontati con la passione e la competenza necessaria a cancellare i tanti pregiudizi nei confronti di questa bevanda che è molto più versatile e interessante di ciò che crediamo noi italiani.

Il prezzo della cena varia molto in funzione dell’appetito e della

curiosità, ma una cena soddisfacente costerà attorno ai 70 euro bevande escluse.

Izu, corso Lodi 27, tel. 0259900221, www.izumilano.com, email j.izu82@gmail.com. Chiuso il lunedì, gli altri giorni aperto a pranzo e a cena

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