Un luogo magico e sperduto nel comune di Guarene, tra le colline delle Langhe (ma il Roero e il Monferrato sono a due passi) e con una storia straordinaria, di trionfi e cadute, ma che ora sembra aver intrapreso la strada di una definitiva rinascita. Questo è Pico Bistrot, immerso nel Parco di La Madernassa, un locale dedicato al figlio prediletto di queste terre, il tartufo bianco (il cui nome scientifico e Tuber Magnatum Pico) ma che anche nel resto dell’anno, quello in cui il magnifico tubero non si prende la scena lasciando spazio alle altre varietà più umili ma non meno profumate, fa star bene i suoi ospiti.
Pico Bistrot è un locale all’italiana che si definisce bistrot perché le definizioni servono, ma in realtà è molto di più. In cucina ci sono infatti i fratelli D’Errico, Giuseppe e Francesco, campani di Succivo, entrambi con esperienze stellate, ma che in questo momento della loro carriera hanno deciso di ripartire dalla semplicità. Quella di un’offerta sommamente italiana, piena di sapore ma eseguita con l’eleganza propria di chi è in possesso delle tecniche più raffinate.
Il luogo del resto non è qualsiasi. Fino a qualche anno fa alla cucina di questo locale, che allora si chiamava semplicemente La Madernassa, c’era Michelangelo Mammoliti, che proprio pochi giorni fa è diventato il quindicesimo chef italiano a vantare le tre stelle Michelin. Poi lui andò via, spostandosi al Boscareto, dove oggi guida La Rei Natura, e in cucina arrivarono i due fratelli D’Errico, che però si trovarono a confrontare con una proprietà che sembrava aver perso voglia e ambizioni. Da qui una lenta decadenza che non era certo quello per cui Giuseppe e Francesco si erano trasferiti a Guarene.
Ma la storia si può riscrivere, se si ha la voglia e la fiducia in sé stessi. I D’Errico hanno rilevato il ristorante, e lo hanno fatto con l’aiuto dei fornitori e amici Paolo e Veronica Montanaro, titolari di Tartuflanghe, azienda leader in Italia nella selezione e vendita di tartufo pregiato, che così hanno riconnesso la loro storia con quella del padre Beppe, fondatore nel 1968 dell’un tempo notissimo ristorante Da Beppe, al centro di Alba. I quattro hanno riaperto il ristorante alla Madernassa dopo qualche mese di lavoro, mettendoci la loro anima e trasformandolo in un bistrot dedicato al tartufo ma anche in un progetto vivo destinato a trasformarsi con il tempo.
Pico Bistrot è un luogo caldo e accogliente che nella sera in cui io l’ho visitato era pieno di una clientela affezionata, ciò che è sempre un buon segno (un ristorante lo vedi non da chi va ma da chi ritorna). La cucina si trova a un punto di incontro tra le radici campane dei due chef e il territorio circostante, che si impone con le sue tante delizie. Ma poi i piatti risentono chiaramente anche delle molte esperienze fatte da Giuseppe e Francesco, assieme o ciascuno per conto proprio, in alcune delle cucine più formative d’Europa. I due chef si avvalgono anche dei prodotti di Pico’s Farms, un orto nel quale si coltivano erbe, ortaggi, fiori eduli e che è anche un punto di attrazione.
Io ho provato alcuni piatti dello stringato menu autunnale, quattro piatti per sezione, che però viene sempre arricchito da alcuni fuori-carta elencati una lavagna “viaggiante” che è un po’ il convitato di pietra di un pasto qui. Sono partito da un Cavolfiore in tempura con maionese al limone, salsa agrodolce, acciughe e peperone che ha fatto da apripista. Poi ho assaggiato una magnifica Zucca arrosto con funghi porcini, tartufo bianco, purè di castagne e zabaione di nocciola.
Poi uno dei piatti che mi ha colpito (e soddisfatto) di più: la Genovese, classico sugo da pasta napoletano che dai D’Errico viene interpretato con dei rigatoni, una salsa al fondo di cottura e olio al cipollotto. Un piatto che ha mostrato un solo difetto: una porzione più piccola di quella che avrei mangiato. Ma meglio così, perché c’era tanto ancora da provare. Come il Risotto alla parmigiana con salsa perigordine e tartufo uncinato nero e la Polpetta di nonna Rosa (queste nonne…) con manzo, pane e latte, rosolata e cotta nel sugo. Una goduria. Infine un colpo di coda salato: uno Spaghetto al soffritto di quinto quarto di agnello. Notevolissimo.
E quindi i dolci, inevitabili in una delle regioni più golose d’Italia: del gelato alla panna cotta con frutti rossi macerati all’aceto di Xeres e crumble alla mandorla e un grandioso Babà al rum con panna.
I piatti hanno prezzi davvero onesti per qualità e ricchezza: 16 euro gli antipasti, 16 euro i primi, tra i 18 e i 20 i secondi, 9 euro i dolci. Per la stagione propizia, che si avvia a concludersi, c’è anche un menu Tartufo composto da quattro piatti a 60 euro.
La cantina è molto ricca e naturalmente fa aggio sul territorio, uno dei più ricchi di gioielli del nostro Paese. Ma ci sono anche referenze dalle principali regioni enologiche italiane e dalla Francia.
E presto al Pico Bistrot si affiancherà anche un
ristorante gastronomico che si rimetterà in linea con il genius loci e con l’esperienza e il talento dei due chef. Il locale occuperà il piano inferiore del resort, sarà un’insegna a parte e avrà un ingresso dedicato. Stay tuned.