
Da Ascheri l’abbinamento del vino con la musica e con le arti in genere è una cosa comune. Nei dépliant disponibili online per ognuna delle tante etichette Matteo indica film, brani musicali, libri, opere d’arte da accostare al bicchiere. Non sorprende quindi che abbia voluto costruire una degustazione online di tre suoi vini bianchi abbinandoli ad altrettanti brani del “White Album”, quello che è considerato uno degli album fondamentali dei Beatles. Ecco così che l’Arneis Cristina Archeri diventa Blackbird oppure Dear Prudence, che il Viognier Montalupa Bianco è While my guitar gently weeps, lo spumante Metodo Classico è Helter Skelter.
Il primo, l’Arneis Cristina Ascheri, è un piacevole ed elegante bianco da naso di frutta esotica e tropicale con lieve nota speziata, fresco e leggermente sapido in bocca, perfetto per essere bevuto come aperitivo, o in accostamento a paste leggere, a verdure grigliate, a frittate con le erbe, a formaggi di Bra. Il secondo, il Viognier Montalupa Bianco, fa parziale fermentazione in legno e ha profumo seducente di erbe aromatiche frutta matura, lieve pietra focaia e in bocca è rotondo, pieno, con il muscolo scolpito, adatto al lungo invecchiamento. Gli abbinamenti salgono di categoria, pesci di ogni genere, anche con salse, formaggi di media stagionatura. Infine il Metodo Classico a base Nebbiolo, che fa almeno dodici mesi sui lieviti e ne esce con naso di crosta di pane, frutta candita, nocciole, miele e bocca equilibrata e complessa, con spuma morbida e non invadente. Un vino quasi da tutto pasto ma certamente adatto ad accompagnare un aperitivo, antipasti leggeri e primi non troppo sapidi.
Fondate nel 1880, le Cantine Ascheri continuano a produrre vino nella città di Bra, nel basso Piemonte, dove si sono trasferite alla fine dell’Ottocento per sfruttare la vicinanza alla ferrovia. Da allora non si sono più mosse, anche quando il baricentro vitivinicolo si è spostato nei cru collinari di Langa. Una scelta controcorrente ribadita nel 2003, con il rifiuto di costruire una nuova cantina a La Morra o a Serralunga d’Alba, dove pure la famiglia possiede vigneti importanti.
Oggi la cantina è guidata da Matteo Ascheri, che ha affiancato alla vinificazione un’attività enoturistica, ma che continua a considerare il vino come il cuore del progetto. La produzione si articola su circa 40 ettari suddivisi tra La Morra, Verduno, Serralunga e Bra. Una distribuzione frammentata ma preziosa, che garantisce esposizioni, altitudini e composizioni del suolo molto diverse e quindi maggiore equilibrio nei vini, anche in annate complicate.
L’approccio agronomico è dichiaratamente sostenibile: riduzione drastica dei trattamenti chimici, gestione manuale e capillare del vigneto, attenzione al suolo come patrimonio da conservare. I lavori sono eseguiti da personale interno, stabile e formato negli anni, responsabile della propria parcella e protagonista del processo fino alla raccolta, rigorosamente manuale. Ogni cassetta vendemmiata porta il nome di chi l’ha riempita.
In cantina, la filosofia è quella del minimo intervento. I vini Ascheri si dichiarano “unplugged”: tecnologia ridotta all’essenziale, nessuna consulenza esterna, legni grandi, pochi additivi, nessuna correzione. Una vinificazione “acustica”, che punta a restituire intatta la voce della vigna. Il vino, spiega Ascheri, è una performance in diretta: il risultato di un’interpretazione del terroir, dell’annata e della varietà, non di una ricetta preconfezionata.
Il cuore produttivo è il Nebbiolo, coltivato in 20 ettari dedicati ai cru Sorano, Pisapola, Coste&Bricco e Ascheri, da cui nascono quattro Barolo diversi. A questo si affiancano Barbera, Dolcetto e Pelaverga, ma anche varietà meno scontate come Arneis, Gavi e Moscato da vigneti in affitto. Dal 1993, la sperimentazione si è spinta fino a Viognier e Syrah, impiantati sulle colline di Bra in collaborazione con l’Istituto Sperimentale di Asti, diventando i primi esempi autorizzati in Piemonte. Il risultato sono vini fortemente identitari, inequivocabilmente piemontesi anche quando partono da varietà internazionali, e capaci di mantenere una cifra personale riconoscibile.
L’accoglienza – che include un albergo, una SPA e l’Osteria Murivecchi – completa il progetto ma non lo sostituisce. Tutto ruota intorno al vino, che resta al centro di una visione agricola, culturale e imprenditoriale non espansa ma approfondita.