Cultura e società

Un'app per controllare l'impegno domestico dei mariti. L'ultima follia progressista

In Spagna si pensa a una applicazione per livellare l'impegno domestico dei coniugi. Che però non tiene conto della specificità di ogni singola famiglia

Un'app per controllare l'impegno domestico dei mariti. L'ultima follia progressista

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Che l'istituto della famiglia goda di pessima salute è cosa nota. Quando va bene, marito e moglie si incrociano al mattino per un rapido "buongiorno" e poi qualche ora la sera, dove ci sono le faccende di casa da sbrigare e i bambini da accudire. Statistiche alla mano, dalla fine degli anni Quaranta in poi, i padri hanno perso il 40% del proprio tempo libero. Tempo sottratto innanzitutto alla famiglia. La causa principale, come nota Claudio Risè in Il ritorno del padre (San Paolo), "è stata l'industrializzazione, prima nelle campagne e poi nelle città. È infatti il processo di industrializzazione che ha sottratto energie, tempo e potere alla famiglia e al padre". Si lavora sempre di più. Ma per cosa? E per chi? Il modello che ha preso piede in Occidente in seguito all'avvento della "società del benessere" può essere riassunto in tre parole: lavora, consuma, crepa. Siamo sempre più stressati perché abbiamo perso di vista l'essenziale, che non è (solo) affermarsi sul posto di lavoro, ma prendersi cura di chi abbiamo attorno a noi.

Già, ma come fare se non abbiamo il bene più prezioso di cui possiamo disporre, ovvero il nostro tempo? Il Messaggero riporta una notizia singolare: "Il ministero delle Pari Opportunità spagnolo ha annunciato la creazione di una app per misurare la ripartizione del tempo speso per queste attività (domestiche, ndr) tra uomini e donne e, più in generale, tra tutti i componenti di una famiglia". In pratica si vorrebbe cronometrare i momenti che marito e moglie dedicano alle faccende di casa e ai figli in quanto "la corresponsabilità dei lavori tra i sessi continua a non essere equilibrata", come ha detto il ministro Ángela Rodríguez. Come se tutto dovesse essere al 50%. Come se ci fossero dei diritti casalinghi, da mettere nero su bianco, per poter vivere sotto lo stesso tetto. Uno lava i piatti in 30 minuti. L'altra però deve pulire i pavimenti per 30 minuti. Il marito si occupa dei figli per un'ora e così deve fare anche la moglie. E via delirando. Perché è giusto che in casa tutti, compresi i figli, debbano fare la propria parte. Ma è altrettanto vero che il metro non può essere quello del tempo impiegato. Innanzitutto perché, molto spesso, i padri sono maggiormente fuori casa rispetto alle madri. E non è affatto una cosa positiva, soprattutto per gli uomini e per i loro figli. Chi, potendo, non starebbe più tempo con la sua famiglia rispetto a stare dieci ore davanti a uno schermo in ufficio? E poi perché ogni famiglia ha il suo equilibrio. A volte (rare) sono gli uomini ad occuparsi delle faccende di casa, altre le donne.

L'ideologia che è alla base di questi (s)ragionamenti però non prevede la singolarità, il fatto che ogni famiglia rappresenti un caso a sé. Una storia a sé. No, tutto deve essere uguale. Perché, questo è l'assunto di fondo, uomini e donne sono uguali. Ma non è così. Sono diversi. Ogni sesso ha punti forti e deboli.

Ed è per questo che si completano.

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