La cultura del razzismo alla rovescia

Ho letto il suo fondo sugli zingari. Giornalisticamente dubito si possa dire meglio in senso critico sulle «scelte del Comune». Mi chiedo tuttavia se non si possa aggiungere qualcosa sia in merito alla sciagurata «politica» della Giunta di Sinistra e, nello stesso tempo, sull’inerzia di cui vengono dando prova non pochi fra i cittadini. Credo che alla base della scelta del Comune ci sia da un lato la consueta retorica sulle «comunità ricche» che devono sostentare gli emarginati (anche se costoro sembrano aver accettato - da sempre e senza tante preoccupazioni - un determinato stile di vita), dall’altro un impulso strisciante verso forme di omologazione nei confronti delle «culture» diverse deboli (quelle forti non si lasciano omologare per nulla e ci vuol altro che le forze politiche italiane di sinistra per riuscire in simili disperate imprese). Fin qui, comunque le intenzioni del Sindaco e della Giunta non sono così cattive anche se gli effetti risultano poi deleteri. C’è tuttavia un lato ripugnante ed è quello - come sottolineava Lei - del razzismo alla rovescia. E qui però le cose si complicano perché questo atteggiamento (cioè l’incarnazione da parte del governo pubblico di una sorta di rivalsa contro i propri concittadini, peraltro proprio particolarmente contro quelli economicamente «male in arnese») fa parte di un aspetto della cultura «cattolica» di cui a Genova esponente preclaro è Don Gallo e a livello nazionale padre Alex Zanotelli. In parole povere si finisce con il sostenere che se c’è l’emarginazione, la fame nel mondo e altre molteplici sciagure, la colpa è nostra. «I poveri - come è noto - non ci lasceranno dormire». Se noi siamo colpevoli (il che è naturalmente una sciocchezza sesquipedale) meritiamo di subire determinati castighi e quindi di sopportare anche le angherie che le ingiuste deliberazioni del governo locale ci impongono. È fin troppo ovvio che siamo in presenza di forme ideologicamente aggressive tese a far sì che il cittadino accetti di subire ogni decisione «schizzata» che derivi dal potere publico (che si muove all’unisono con sì bella ideologia progressista). Questa cultura è fondamentale per la Sinistra che laddove può la viene coltivando e rappresentando con un’astiosità che probabilmente è un segno della miseria psicologica del nostro tempo. Crollate le illusioni di trsformare la società, non restano che le ripicche nei confronti di coloro che hanno, poco o nulla, dato ali ai sogni della sinistra stessa, facendole mancare il consenso in cabina elettorale. D’altra parte coloro che il consenso l’hanno invece dato in saecula saeculorum, possiedono una certa fede e molto probabilmente continueranno a darlo. Purtroppo è così. Questa città è un esemplare dimostrazione che il cattolicesimo laico ha realizzato ripetutamente un forte amalgama con la Sinistra e lo ha raffinato ad un punto tale che anche in quelle aree dove l’elettorato, essendo ambientalmente penalizzato, dovrebbe dar segni di distacco dalla propria matrice ideologica originaria, tende invece a riaffermare le scelte tradizionali. Freud ha sostenuto che il «senso di colpa» tiene in pugno la realtà (e la realtà, come è noto, ha la testa dura e difetta di comprendonio). Se i cittadini ha\nno timore di difendere i propri interessi legittimi, è perché sono stati messi nel sacco da tutta una serie di affermazioni ideologiche tese a stigmatizzare la condotta di coloro che cercano di difendere lucidamente e legalmente ciò che ritengono utile per loro stessi. D’altra parte tanto per fare un modesto esempio: in Italia, a differenza del mondo anglosassone, la parola «affari» e l’espressione «uomo d’affari» recano sempre con sé un alone negativo che lascia benissimo intendere qual è il senso della cultura spicciola e dell’ipocrisia dominante.

È un grande inganno che resta difficile da ridimensionare perché, ben prima della Sinistra, più profonda è la radice che lo sostiene, facendolo apparire come una sorta di verità comune, quotidiana. Non è da escludere che gran parte degli stessi «militanti» progressisti non si rendano nemmeno conto da dove deriva il senso della loro «ossessiva» condotta.

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