C ome una canna al vento, Rita Arba si piega, e diventa più forte. Il pensiero va a Grazia Deledda non appena si leggono la biografia e le opere di questa donna nata nei primi anni Quaranta a Girasole, minuscolo borgo circondato dalla bellezza dell'Ogliastra. Da lì è partita Rita Arba, terza di sette figli, tante ore nei campi e poche scuole, per coronare il suo amore con Federico, quel giovane che le promette riscatto. Ma quando il riscatto arriva, non è esente dal dolore.
Lo racconta in Pani e Meri (Carlo Delfino editore, pagg. 312, euro 18), suo secondo romanzo autobiografico. Negli anni Sessanta Federico vive «pani e meri»¸ a pane del padrone, è scontento, maltrattato, infelice. Decide di prendere una corriera per Parigi, ma prima le fa una promessa: Rita non sarà mai una «vedova bianca», in attesa perenne dell'amore emigrato lontano. Dopo tredici mesi, Federico torna e i due il giorno stesso delle nozze partono per la Francia: gli anni passano, arrivano le gioie (il lavoro, i figli) ma il profumo di mirto è difficile da dimenticare. La coppia ritorna in Sardegna: ad Arbatax Federico trova finalmente un impiego in una cartiera, sono tempi in cui il mare porta turismo, ricchezza e tanti squilibri. Rita Arba li descrive, tutti questi cambiamenti. La sua isola muta, e così anche la mente di Federico, che divaga e si perde ogni momento. È l'Alzheimer, e lede anche i ricordi migliori. Rita non si spezza: si aggrappa a un taccuino regalatole da uno dei figli. E comincia a scrivere, lei che non lo aveva mai fatto. Combatte la malattia di suo marito con l'ostinazione del ricordo: il suo primo libro, L'anima della memoria, non passa inosservato, sbarca in Continente e viene presentato al Salone del Libro del 2009. In Pani e Meri continua a dipanare il groviglio dei ricordi personali e li intesse con le tradizioni di una cultura e di una lingua di cui le donne sarde sono fiere vestali (come non ricordare le creazioni artistiche della grande Maria Lai?).
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