Avventure e ribellione: come è rock la Versilia

Avventure e ribellione:  come è rock la Versilia

N el 1985 Pier Vittorio Tondelli pubblica Rimini (Bompiani). Un romanzo molto americano: le luci della riviera come quelle di Los Angeles, almeno per un paio di mesi all’anno, la via Emilia come la Route 66. La provincia italiana si scopre «mitica», e anche più internazionale di quanto pensasse. Nello stesso periodo esplode il fenomeno dei video musicali in tv: gli adolescenti di tutto il mondo si abbeverano alla stessa fonte, le mode si diffondono con rapidità istantanea tanto a New York quanto a Riccione. Sul piano del costume, siamo alle prove generali della globalizzazione a venire. Una controprova? Dall’altra parte dell’Oceano, nello stesso anno di Rimini, esce Meno di zero (oggi Einaudi, all’epoca Pironti), esordio di Bret Easton Ellis, un libro subito apprezzato da Tondelli (con qualche appunto: lo definirà «romanzetto», pur ammettendone l’importanza). Diverso è l’approccio stilistico, ma i giovani di Meno di zero nuotano nella stessa acqua dei personaggi di Rimini e in fondo anche dei libri precedenti di Tondelli: la ricerca del successo convive con l’apatia di fondo, la televisione colonizza l’immaginario, le biografie si frammentano in un’insieme di episodi slegati gli uni dagli altri.
Tondelli è stato un ottimo talent scout. Negli anni Ottanta, ha tenuto a battesimo, nelle antologie dedicate agli under 25, molti scrittori che hanno fatto carriera, da Culicchia alla Ballestra, per citarne solo due. La casa editrice era Transeuropa. Nata ad Ancona, nel 2005 ha traslocato a Massa. E nel 2008 ha pubblicato l’esordio di Fabio Genovesi, toscano di Forte dei Marmi, classe 1974: Versilia Rock City. Fu un piccolo caso editoriale, seguito da un significativo caso editoriale, Esche Vive, uscito per Mondadori nel 2011. Versilia Rock City (Mondadori, pagg. 210, euro 17) torna ora in libreria, in versione definitiva, rivista e corretta.
Memore di Tondelli, ma anche di autori americani di culto come Hunter S. Thompson, di cui è traduttore, Genovesi costruisce la sua epopea versiliana intorno a una manciata di personaggi memorabili: un deejay che non esce di casa da anni e tira avanti a Serenase (ma con una e-mail salva la vita a una pornostar); un sedicente accompagnatore di modelle migrato a Milano dove in realtà organizza viaggi finti per gente che non vuole partire ma solo farsi bella con i colleghi; un ex tossico appassionato di heavy metal, pronto a frantumare le convenzioni soffocanti della cittadina in riva al mare ma anche capace di essere un padre (a modo suo) affettuoso. Forte dei Marmi gioca un ruolo cruciale. Il contrasto tra la folla estiva e il deserto invernale, tra la spocchia dei turisti e il senso d’inferiorità dei residenti, rispecchia la distanza che passa tra la finzione e la realtà, tra come ci immaginiamo e come siamo.
E come siamo? Un po’ allo sbando. Le divertenti avventure di Versilia Rock City sembrano convergere verso il disastro annunciato. Non prima però di aver lasciato il tempo all’autore di ironizzare su tutto e tutti. Nella fauna locale, ramo radical chic, si distinguono il Santaserena, «bio-architetto milionario con la passione per la Beat Generation e il monopolio dei grandi progetti in paese» e sua moglie, la Sissy, «poetessa che di primo lavoro fa il commercialista». Ma c’è anche chi, ipnotizzato dal fascino dei milanesi in trasferta, lotta contro il proprio accento toscano; chi a Carnevale si traveste da Gianni Agnelli, perché una volta l’ha incontrato per strada; e chi ce l’ha a morte con i russi che si comprano il litorale metro dopo metro, ma non esita poi a vendere loro la casa.
Dopo risse, feriti e fughe, il tragitto gonzo dei personaggi di Versilia Rock City finisce sul molo di Forte dei Marmi.

Davanti al mare buio. Davanti all’ignoto. Perché non è detto che si possa misurare la distanza tra ciò che immaginiamo di essere e ciò che siamo. I personaggi di questo libro alla fine non ci riescono. E forse neanche noi.

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