S'intitola Curator. Autobiografia di un mestiere misterioso (Marsilio) e lo ha scritto Francesco Bonami, «critico e curatore di fama internazionale» come recita l'aletta di copertina. È un libro che dovrebbe raccontare il dietro le quinte di una professione oggi molto ambita, e in parte lo fa. E svelare alcuni segreti (e infatti qualche consiglio c'è). Però, soprattutto, il libro è un'installazione site specific dedicata al proprio Ego. Detto questo, leggendolo si possono raccogliere alcuni sassolini che Bonami si toglie dalle scarpe. Questi.
AHO, CHE BAST..DO QUELL'ABO Nel '93 Achille Bonito Oliva, curatore della Biennale, impedì che a ritirare il premio destinato a Matthew Barney (assente) fosse Bonami, che aveva invitato l'artista americano nella sua sezione. Questo perché il giovane curatore non gli facesse ombra nella cerimonia dei Leoni. «Il narcisismo che gli impedirà di diventare un grande curatore e critico internazionale aveva già iniziato a produrre effetti nefasti».
CATTELAN, CHE STRONZO Bonami, che lo ha scoperto, non può immaginare la propria carriera senza di lui. Ma deve ammettere 1) che è «un maestro della presa per il culo»; 2) che «mi ha mollato più fregature che capolavori». La peggiore? Quando Bonami propose a Cattelan di fare un libro-intervista insieme. Cattelan nicchiò, poi disse di no. Bonami pubblicò un'«autobiografia» non autorizzata, nel 2011. Per scoprire che quella vera, «molto noiosa», Cattelan l'aveva concessa alla curatrice francese Catherine Grenier, e che sarebbe arrivata nelle librerie italiane una settimana dopo la sua...
SCATOLE VUOTE E BUCHI GEOGRAFICI Nel '93 Francesco Bonami curò una sezione di Aperto , la mostra coordinata da Helena Kontova per la Biennale di Venezia diretta da Achille Bonito Oliva. Tra i giovani artisti che scelse di portare, quello di cui si parlò di più fu Gabriel Oroczo che espose la celebre (?) scatola di scarpe vuota. Ma Oroczo fu invitato soltanto perché non c'era nessun altro messicano a Venezia, quell'anno.
QUEI «PEZZI» (DI MERDA) Per Bonami gli artisti sono maledetti, ma non nel senso di «artisti maledetti», come Modigliani ad esempio. Ma nel senso che sono la maledizione dei curatori: «Ognuno con le sue assurde esigenze. Ciascuno con le proprie irrazionali gelosie. Tutti con le loro incontrollabili paranoie. Molti dei veri pezzi di merda».
ANISH KAPOOR, CHE IDIOTA Quando Bonami era alle prime armi, Anish Kapoor (che invece era già Kapoor) gli chiese di scrivere un testo per un suo catalogo. Bonami era felicissimo, e glielo mandò. Però il «maestro» lo cestinò. Bonami ha aspettato per anni il momento della vendetta. E quando diventò il «famoso Bonami» (mentre Kapoor era in fase calante) lo stroncò ferocemente. «Uno che non si è mai ripreso dall'essersi comportato da idiota». «Partito bene ma imploso durante la deflagrazione della sua pomposità atomica».
CHI HA PAURA DI UN RANA? Bonami ce l'ha a morte con i «patetici veneziani» che nel 2013 rimossero da Punta della Dogana la statua del «magnifico e visibilissimo» Ragazzo con la rana di Charles Ray. Per lui, un genio.
A CHE TITOLO PARLI? «Il bello di noi curatori è che possiamo dare titoli esagerati o strampalati a molte delle nostre mostre senza che nessuno venga a chiedercene il motivo». Esempi di titoli «che vogliono dire tutto e niente» delle mostre di Bonami: Vertical Times , Yesterday begins Tomorrow , Ritardi e Rivoluzioni , AllLookSame? ... Ah, c'è anche Borderline Syndrome .
L'ARTE (DI FAR SOLDI) IN CINA A proposito dell'esplosione del mercato dell'arte in Cina, Bonami cita un collezionista cinese che a una cena gli offrì una bottiglia di vino da 4mila dollari. «Redistribuzione del reddito che non fa una piega. Il comunismo, meglio del capitalismo, ha capito che alle persone, in particolar modo agli artisti, più della democrazia sta a cuore il denaro».
IL FINTO MARTIRE AI WEIWEI A proposito degli artisti ai quali sta a cuore il denaro, Bonami specifica «nessuno escluso». «Neanche il martire Ai Weiwei, l'artista dissidente che piace tanto a noi occidentali. I cinesi lo considerano una bufala».
AFFETTUOSITÀ SOSPETTE Sull'abbondanza di premi, onorificenze e mostre concesse ad artisti «appartenenti a minoranze etniche o di genere ma a volte mediocri, se non pessimi», Bonami ha molti dubbi. Però del suo «amico» Okwui Enwezor, nigeriano che curerà la Biennale di Venezia nel 2015, ci tiene a fare sapere che la sua incredibile carriera «è riuscito a farla per meriti e non per quote». Una collaborazione in vista?
NEPPURE I MORTI! Nelle memorie di Bonami compare anche Valerio Riva, «velenoso ex giornalista ed ex comunista», consigliere della Biennale di Venezia e il suo «più accanito avversario» nell'edizione 2003.
MODESTIE A PARTE «Oggi, a dodici anni di distanza, vorrei ringraziare per la mia nomina alla Biennale 2003 una sola persona: me stesso. A Bernabè riconosco il merito di aver capito chi ero... Ma con tutta sincerità trovo doveroso ammettere che quella Biennale me la meritavo».
GERMANO CELANT È un curatore arrivista e geloso. Si imbufalì quando Bonami curò nel 2008 una mostra che rimetteva in discussione «i radicali dell'Arte Povera appiccicati insieme nel 1967 da Celant». «Ogni artista di quel gruppo aveva un'anima conservatrice e classica alla quale veniva chiesto dal teorico del branco, Celant, di annullarsi in nome del nuovo linguaggio che i tempi turbolenti richiedevano».
MICHELANGELO PISTOLETTO Come uomo, «patetico».
LA COSA PIÙ BELLA DEL LIBRO La copertina: c'è un fotogramma della videoinstallazione The
Visitors di Ragnar Kjartansson, passata dall'HangarBicocca l'inverno scorso: la cosa più bella che si è vista a Milano, per l'arte contemporanea, negli ultimi due-tre anni.LA COSA PIÙ BRUTTA DEL LIBRO Il libro.
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