Cultura e Spettacoli

Diventa beato Rolando Rivi: fu trucidato dai partigiani

da Modena

Settanta anni di oblio nella terra del mito della Resistenza, dove i partigiani sono sempre e solo i buoni. Oggi la Chiesa proclama Beato un seminarista ucciso dai partigiani comunisti sul finire della guerra riparando una delle vergogne patrie: la morte di innocenti con la scusa della Liberazione. Lui, Rolando Rivi, seminarista 14enne di San Valentino (Reggio Emilia) non c'entrava nulla con la guerra e i fascisti: voleva solo diventare sacerdote nell'aprile del '45, quando due partigiani rossi lo prelevarono per portarlo alle Piane di Monchio, nel modenese, con l'accusa mai provata di spionaggio. Lì, in un casolare adibito a quartier generale di un battaglione, i comunisti lo torturano per giorni, lo picchiarono e lo umiliarono fino a spogliarlo della talare. Poi gli spararono due colpi di pistola seppellendolo con il ghigno diabolico di chi gioisce per avere «domani un prete di meno».
A trovare il corpo martoriato fu il suo parroco, don Alberto Camellini, che salì con il padre Roberto e dovette affrontare la violenza partigiana. «Il suo assassino mi disse di essere tranquillo», raccontò anni dopo in un video inedito scovato da un esponente del Pdl, Giuseppe Pagliani. Il killer, Giuseppe Corghi e il suo complice Delciso Rioli si beccarono una condanna a 26 e 16 anni, amnistiata. Ma a far calare la nebbia su di lui fu la natura privata del delitto: una lettura che ha resistito per mezzo secolo perché la vulgata della chiesa resistenziale dei partigiani eroici al canto di Bella ciao non doveva essere scalfita da sospetti. Il suo ricordo fu coltivato dai familiari, nel terrore e dalla storiografia revisionista di Destra. Nel frattempo però la devozione verso il seminarista cresceva: alla Pieve di S. Valentino in tanti salivano per pregare sulla sua tomba, un gruppo che agli inizi del 2000 diede vita al Comitato Amici di Rolando Rivi. La causa di beatificazione partì grazie alla tenacia di tanti che videro in Rolando un martire del '900. Come Emilio Bonicelli, giornalista e biografo del futuro beato che al suo caso ha dedicato buona parte della vita. Oggi al Palasport di Modena la Chiesa lo proclamerà Beato, martire in odio alla fede. Una verità ristabilita, che arriva con il sigillo della Chiesa e che imprime nel dibattito resistenziale una svolta revisionista: nel triangolo rosso si uccideva in odio alla fede, in preparazione di una imminente rivoluzione bolscevica. Ma la sua memoria è ancora zoppicante: lo dimostra la decisione del Consiglio di Reggio di dedicare «un luogo significativo della città al beato».

Decisione contestata da un'altra chiesa dell'Emilia rossa, la Cgil.

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